Appuntamento alle 7 in pasticceria con Beatrice Mancini, la “nostra” fotografa. Arrivo ovviamente in ritardo, ma non rinuncio a un buon cappuccio e una buona brioche - tradizione che mi porto dalle trasferte con Gino Magro. Recuperiamo lungo la Feltrina e alle 8.30 siamo a Fiera di Primiero. Arriviamo fino a Siror per scoprire che in realtà il Caseificio di Primiero è a Mezzano - mi dice Franco Fattarsi quando lo chiamo al telefono - sulla vecchia statale. Ti pareva! Reimposto il navigatore e finalmente riusciamo ad arrivare in caseificio, giusto in tempo per vedere l’estrazione della cagliata.
Franco, che sarà la nostra guida durante la visita al caseificio, me lo ricordo da sempre. “Lavoro con il Gruppo Formaggi del Trentino dal 1981” - mi racconta. Prima in caseificio, fino a diventare vice casaro, poi in magazzino, quindi al banco. Oggi collabora con il commerciale/marketing per la promozione dei formaggi del gruppo.
Obiettivo principale della mattinata è scattare la foto di copertina a Cesare, il casaro. All’inizio non sembra entusiasta dell’idea, ma non ci facciamo scoraggiare. Innanzitutto ne approfittiamo per fotografare la lavorazione, che oggi prevede: Trentingrana, Tosèla e Nostrano di Primiero. Mentre Beatrice scatta alcune foto, cercando di non intralciare e incassando, nonostante ciò, qualche sguardo truce, ne approfitto per chiedere a Franco come è nato il progetto del Trentingrana di Malga.
“L’idea è nata tre anni fa parlando con Giampaolo Gaiarin di Slow Food” - con cui il Gruppo Formaggi del Trentino collabora già da tempo per diversi Presìdi: il Puzzone di Moena di malga, il Bòtiro di Primiero, il Casolèt a latte crudo della Val di Sole. - “Dopo i primi test abbiamo iniziato con una piccola produzione e le prime forme di Trentingrana di Malga sono state presentate al Cheese 2017”.
Al momento solo due caseifici producono il Trentingrana di Malga: il Caseificio di Primiero, con una produzione di circa 1.000 forme a stagione e il Caseificio Presanella in Val di Sole, che ne produce altre 150.
“Siamo partiti solo con due caseifici perchè il disciplinare di produzione concordato con Slow Food è molto rigido, per cui era necessario seguire bene tutte le fasi della lavorazione. Abbiamo però intenzione di coinvolgere a breve nel progetto altri tre caseifici, per arrivare a una produzione di circa 2.000 forme, che è la richiesta che attualmente abbiamo dal mercato” - ci racconta Franco. “Stiamo studiando una pelure per differenziare il prodotto di alpeggio dal prodotto tradizionale - non possiamo lavorare sullo scalzo che riporta il marchio del consorzio e il numero del casello. Si pensava di stampare sul piatto la scritta Presidio Slow Food con il marchio a fuoco della chiocciola, ma siamo ancora in fase di definizione”. In ogni caso il colore della pasta lo rende inconfondibile.
Ma andiamo per ordine. Quali sono le differenze rispetto al Trentingrana che conosciamo? - chiedo a Franco. “Ciò che distingue il prodotto di alpeggio è la materia prima, cioè il latte, che deve essere prodotto al 100% in malga”. Il Caseificio di Primiero raccoglie il latte di tre malghe: Malga Fosse, a 1.954 metri di altitudine nel comune di Siror; Malga Juribello, a 1.868 metri e Malga Rolle a 1.980 metri nel comune di Tonadico, tutte certificate dal marchio qualità Trentino. Malga Rolle e Malga Fosse, tra l’altro, sono gestite direttamente dal Caseificio di Primiero. Il latte viene portato in caseificio e lavorato separatamente.
Purtroppo non riusciamo a visitare l’alpeggio, la stagione non è ancora iniziata: “Proprio domani iniziamo a caricare il bestiame” - conferma Alberto Bettega, direttore del Caseificio - “circa 370 capi che poi resteranno in alpeggio fino a metà settembre. Si tratta prevalentemente di vacche di razza Bruna Italiana, ma c’è anche qualche Grigia Alpina e qualche Pezzata Rossa. E ancora qualche Frisona, anche se sempre meno. Preferiamo di gran lunga le vacche di razza Bruna che, anche se sono meno produttive delle Frisone, hanno un latte più grasso e più performante nella caseificazione”.
Da disciplinare gli animali vivono al pascolo e rientrano in stalla solo per la mungitura. Oltre all’erba, la loro alimentazione prevede una integrazione minima, a base di cereali (non OGM). Il latte di malga di due mungiture, una volta scremato per affioramento, viene posto in caldaie di rame, da ciascuna delle quali si ricavano due forme. Dopo l’aggiunta del siero-innesto, ottenuto dalla lavorazione del giorno precedente, il latte viene riscaldato a 31-33°C, quindi viene aggiunto il caglio di vitello. Dopo circa 10-13 minuti si procede alla rottura della cagliata con lo spino e alla successiva cottura, mescolando e portando alla temperatura di 53-55°C. La cagliata, che si deposita sul fondo della caldaia, riposa per circa un’ora quindi, il casaro, con una pala di legno e un telo, la solleva dal fondo e la taglia in due parti uguali (gemellatura). Le due masse sono quindi collocate in fascere su un piano di legno dove subiscono una leggera pressatura. Si procede quindi alla salatura in salamoia per 20-24 giorni e infine alla stagionatura.
Nel frattempo Beatrice è riuscita a strappare più di un sorriso a Cesare e anche a Valerio, vice casaro. Non solo. è addirittura riuscita a convincere tutti a fare una foto di gruppo.
Alberto Bettega ci accompagna a visitare il magazzino di stagionatura, uno spettacolo sempre suggestivo. “Il Trentingrana viene stagionato per 9 mesi nel Caseificio di Primiero - ci spiega - e poi trasferito a Segno di Taio, nei magazzini di stagionatura del Gruppo Formaggi del Trentino. Solo a 18 mesi le forme scelte vengono marchiate Presìdio Slow Food”.
Concludiamo la visita con un selfie assieme a Cesare. Non ci sono dubbi: lo abbiamo conquistato!
Martina Iseppon
Responsabile Marketing e Comunicazione