Un territorio mistico, il Casentino, dove fin dall’antichità erano allevati maiali dal manto scuro. Un progetto per il recupero di una razza autoctona.
Una famiglia che ha fatto del Grigio del Casentino la sua passione
Pensando alla Toscana ci vengono alla mente immagini di colline, cipressi e greggi di pecore lasciate libere al pascolo, ma in questo viaggio abbiamo scoperto una parte di Toscana più riservata, montuosa e ricca di boschi: il Casentino.
E’ una delle quattro valli della provincia di Arezzo in cui scorre il primo tratto del fiume Arno che nasce dal monte Falterona (1654 m s.l.m.). Il monte Falterona insieme al monte Falco (1658 m s.l.m.) costituisce il limite settentrionale della vallata, ai confini con la Romagna.
Un territorio mistico dove si trovano il monastero e l’eremo di Camaldoli e il Santuario della Verna, qui non c’è spazio per la frenesia e lo stress; faggi, querce e castagni accolgono i pellegrini in un verde abbraccio.
E’ in questo ambiente che fin dall’antichità pascolavano allo stato brado o semibrado i maiali dal manto scuro: la cappuccia di Anghiari, la casentinese e la rossa del Casentino.
Suini che permettevano di ottenere prosciutti di grande qualità apprezzati in tutta Europa; a conferma di questo, ci sono dei documenti ottocenteschi che riportano che la vendita dei prosciutti casentini raggiungeva anche la Germania e l’Inghilterra.
Ed è proprio in questo territorio che sorge l’antico borgo rurale Le Selve di Vallolmo: le selve sono sinonimo di “castagneti” e il castagno è diventato il simbolo dell’azienda.
Nato come “allevatore classico” di suini, alla fine degli anni ’90 Claudio Orlandi decide di ridurre il numero di animali e dedicarsi alla produzione di salumi, aderisce inoltre a un progetto che vede unite la Comunità Montana e Slow Food per il recupero della razza di suino Grigio del Casentino.
Si tratta di un incrocio ibrido ottenuto da una femmina di razza Large White, Landrace o Duroc con un verro di razza Cinta Senese o Mora Romagnola (due antiche razze autoctone, rispettivamente Toscana e della vicina Romagna).
Questi animali (circa 60) sono allevati in modo tradizionale, abitano una parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e si nutrono per lo più di ghiande, castagne, tuberi che si trovano in natura a questa altitudine (800 m), mentre durante l’inverno l’alimentazione viene integrata con orzo, favino e mais selezionato ed esente da OGM, somministrato con cura per evitare un eccesso di grassi.
La grande qualità della carne di questo maiale è dovuta proprio alla capacità di accumulare grasso di particolare pregio per finezza, consistenza, profumi e capacità di stagionatura.
I suini vengono macellati solo nel periodo invernale quando raggiungono un peso compreso tra 165 e 185 chilogrammi e, comunque, mai sotto i 14 mesi di età
Oggi ad affiancare mamma e papà ci sono anche Serena, David e Matteo. Ognuno ha compiti precisi perché lavoro da fare ce n’è parecchio visto che la filiera è cortissima.
Allevamento, trasformazione, stagionatura e vendita sono tutti seguiti da vicino dalla famiglia Orlandi.
La stagionatura del Prosciutto del Casentino in particolare avviene in un luogo suggestivo, un edificio totalmente realizzato in pietra dove le cosce trascorrono circa un paio d’anni e maturano, donando al palato inconfondibili note di ghianda, frutta tostata e cantina e un’eccezionale suadenza.
Giorgia Barbaresco
Responsabile Qualità