Ezio Meggio, norcino nel Dna, ci racconta le conquiste e le difficoltà di un lavoro che adora
Siamo nel piccolo borgo di Grigno, nella Valsugana orientale. Sulla via che dal paese porta alla località di Selva, immerso nel verde, con boschi e cascate alle spalle, sorge il laboratorio di Roberto Meggio, storico produttore di salumi trentini che opera da oltre 50 anni nel settore della macelleria.
Risale infatti al 1962 l’inizio della sua attività commerciale, con l’apertura di una piccola bottega nel centro di Grigno che tuttora è una tappa imprescindibile per gli amanti dei salumi e delle carni di qualità.
Oggi l’attività avviata da Roberto, che a sua volta apprese l’arte della norcineria dal nonno, è gestita dai suoi figli, Ezio e Nicoletta, che proseguono con dedizione il lavoro di famiglia
L’azienda propone un’ampia gamma di salumi tipici, prodotta utilizzando tutte le parti del maiale nel rispetto della tradizione contadina del territorio, con ingredienti genuini e ricette tramandate da generazioni.
“Siamo una piccola realtà che, a differenza della grande distribuzione, si confronta quotidianamente con la gente: tutti i piccoli cambiamenti apportati in questi anni nella lavorazione dei nostri prodotti e nella selezione delle materie prime sono il risultato di un ascolto attento delle esigenze della clientela, che inevitabilmente sono cambiate nel tempo”, sottolinea Ezio Meggio, che in quest’intervista ci racconta le conquiste e le difficoltà di un lavoro che adora.
1.La norcineria è nel Dna della vostra famiglia. Chi ha dato il via a questa tradizione?
Ad avviarla è stato il nonno di mio padre, che girava per i paesi del circondario offrendosi per macellare i maiali delle diverse famiglie e lavorarne le carni.
Mio padre l’ha seguito nel suo lavoro fin da ragazzino, per poi continuare a fare esperienza in una grossa macelleria di Levico.
Quindi, con l’aiuto del suo datore di lavoro che gli era molto affezionato, a 23 anni ha acquistato la macelleria di Grigno, visto che gli eredi non volevano proseguire l’attività paterna.
Così è iniziata la sua avventura di macellaio salumiere. All’epoca il macello era a due passi dalla bottega, nel centro di Grigno, e il laboratorio sotto casa: quando gli animali venivano scaricati per essere condotti al macello passavano tra le abitazioni e per i più giovani era uno spettacolo da non perdere.
2. Quand’è che l’attività è stata spostata nella sede attuale, all’esterno del paese?
Tra gli anni ’70 e ’80, quando io ero ancora un ragazzino, ci sono stati molti cambiamenti.
Prima per questioni igieniche il macello è stato spostato all’esterno del paese, quindi abbiamo dovuto chiuderlo perché le nuove norme antinquinamento delle acque non ci consentivano più di tenerlo aperto: a quel tempo per Grigno non passava la fognatura e si scaricava direttamente nel fiume, perciò nonostante avessimo vasche di decantazione e un depuratore ci sconsigliarono di proseguire questa attività.
Nel frattempo espandemmo il laboratorio e ci attrezzammo acquistando delle celle che rendevano possibile il controllo della temperatura e dell’umidità: prima mio padre s’arrangiava affittando tutte le cantine del paese per stagionare e conservare i salumi.
Infine, negli anni ’80 ci trasferimmo nell’attuale laboratorio e poiché non avevamo più la possibilità di macellare gli animali in loco ci affidammo ad alcuni macelli trevigiani, vicentini, padovani e poi anche della zona di Reggio Emilia e di Parma.
Ci accorgemmo che oltre a essere più conveniente anche la qualità delle carni era migliore e ci permetteva una maggiore scelta.
3. Qual è stato il vostro primo prodotto e come siete arrivati all’ampia gamma che oggi vi contraddistingue?
Il primo in assoluto è stata la Luganega, che produciamo ancora oggi seguendo la ricetta del nonno di mio padre, così come il cotechino.
Ma visto che avevamo i maiali interi, provammo a cimentarci anche col resto: speck, pancetta affumicata, soppressa. I prodotti di lunga stagionatura consentono una maggiore flessibilità e oggi, grazie alle moderne celle, possiamo lavorare tutto l’anno.
Un tempo invece il lavoro era stagionale: sul fresco non c’erano problemi, ma per gli insaccati come il salame o la soppressa la lavorazione poteva essere soltanto autunnale, perché dipendevamo dalla temperatura esterna.
4. Quali sono le caratteristiche del territorio di produzione?
Il nostro laboratorio si trova a circa 350 metri sul livello del mare, in mezzo alla natura, tra boschi e cascate.
Anche se abbiamo delle celle che consentono di impostare temperatura e umidità l’aria che si respira all’esterno e la sua temperatura contano.
Da settembre ad aprile gli sbalzi termici, anche tra giorno e notte, sono minimi: ciò ci consente di lavorare molto bene.
5. Come selezionate le vostre materie prime?
La qualità delle carni è ovviamente il punto di partenza fondamentale: in base al tipo di produzione selezioniamo il macello più adatto e quando troviamo una carne particolarmente buona premiamo, letteralmente, i nostri fornitori.
Anche per le spezie cerchiamo di trovare i migliori fornitori sul mercato e di farcele arrivare in piccole confezioni, da consumare rapidamente in modo che il profumo e l’aroma si mantengano inalterati.
6. Fate uso di conservanti o coloranti nei vostri salumi?
Non utilizziamo nessun tipo di colorante, starter o farina.
Ma i conservanti, a piccole dosi, preferisco usarli: la catena del freddo una volta usciti dal nostro laboratorio, nei negozi e nelle abitazioni private, non è sempre impeccabile: ci possono essere dei punti critici.
La chimica ci aiuta a far partire la fermentazione, che è l’essenza della stagionatura, nel modo migliore: così si elimina l’eventuale acidità che si può creare se la fermentazione è tardiva e si mantiene il colore della fetta o della carne.
Ma la quantità di nitriti e nitrati che utilizziamo è ridotta all’osso, tanto che a fine stagionatura non ne rimane quasi traccia.
7. Qual è la vostra filosofia produttiva?
Preparo i salumi come se fossero per me e per la mia famiglia. Seguo i miei gusti, ma ascolto sempre anche i pareri dei clienti: i cambiamenti che ho apportato ai prodotti in questi ultimi anni sono sempre stati dettati dalle esigenze della gente.
E’ un lavoro molto lungo, perché ci vogliono mesi di prove per arrivare al risultato desiderato, che poi va verificato sul campo.
I gusti delle persone si evolvono continuamente e noi cerchiamo di assecondarli: per esempio rispetto a una volta oggi la macinatura è più sottile e le carni che utilizziamo più magre, perché la gente preferisce salumi meno grassi.
E anche la quantità di sale che impieghiamo è diminuita molto negli anni, almeno del 10%. Lo stesso vale per gli aromi, che sono sempre gli stessi ma in quantità ridotte rispetto a un tempo.
Abbiamo apportato delle modifiche anche nella stagionatura, perché i clienti preferiscono un salame, una luganega o una soppressa più morbidi.
8. Quante persone lavorano oggi per la vostra azienda?
In negozio e in salumificio, oltre a me e a mia sorella, lavorano una decina di collaboratori. Per la vendita ci affidiamo ancora al passaparola e al contatto diretto, oltre che a un’azienda consolidata come Valsana, che possiede una rete capillare di clienti molto attenta alla qualità dei prodotti.
9. Tra i vostri prodotti spicca uno squisito Speck Fesa, dal caratteristico sapore leggermente affumicato. Qual è il segreto di una buona affumicatura?
Utilizziamo il fumo di legno di faggio per affumicare, che sprigiona un aroma delicato e leggermente dolce, perfetto per il nostro Speck.
10. E il Pastin? Cos’è e come si utilizza?
Il Pastin è una specialità tipica del bellunese: non c’è sagra dove non si trovi, servito nel classico panino. Si può gustare spalmandolo a crudo sul pane o cucinandolo alla griglia.
Per prepararlo usiamo lo stesso impasto della Luganega fresca, ma lo lavoriamo tutto a freddo, con un risultato diverso a livello di gusto. Lo proponiamo “in tubo”, insaccato in budello, oppure confezionato in fette già tagliate.
Giulia Basso
Direttrice di Selezione di Sapori