I CASTELLI SONO QUELLI DI ROMEO E GIULIETTA, CHE DALLA PIEVE ANTICA DI MONTECCHIO MAGGIORE (VI) SOVRASTANO LA VIVACE CITTADINA, DOVE HA SEDE IL SALUMIFICIO DEI CASTELLI: SIAMO ANDATI A VEDERE COME VIENE PRODOTTO IL SALAME NOSTRANO, LA NOVITA' CHE VI PRESENTIAMO
Imposto sul navigatore Montecchio Maggiore e, mentre in automatico seguo la strada, con il pensiero ripercorro la leggenda delle due rocche scaligere di Montecchio: il Castello della Bella Guardia e il Castello della Villa, meglio conosciuti rispettivamente come i Castelli di Giulietta e di Romeo.
Due castelli che si guardano da due alture vicine, nella Pieve di Montecchio, che, secondo una leggenda nata a metà Ottocento, avrebbero ispirato Luigi da Porto nello scrivere la sua Historia novellamente ritrovata, dalla quale Shakespeare avrebbe a sua volta preso ispirazione. Mi ero immaginata un romantico borgo medievale, invece Montecchio è una vivace cittadina del nord est con un tessuto industriale ben radicato.
Le storie da narrare però non mancano, e Marco Fantin è un bravo menestrello: 40 anni a giugno, una solida cultura classica che affiora nel modo in cui si racconta, una laurea in ingegneria chimica e una passione per la musica che l’accompagna da sempre. Ha preso in gestione con rispetto, impegno e orgoglio l’azienda di famiglia, che gestisce con papà Flori e mamma Patrizia.
Quella dei Fantin è una famiglia di macellai: il nonno di Marco era responsabile della macelleria comunale di Vicenza, un ingrosso di carni con una piccola produzione di salumi, che veniva seguita da Flori. Ed è proprio qui che Flori si appassiona alla produzione di salumi fino a decidere, nel 1998, di aprire il suo 'Salumificio dei Castelli'.
Oggi il salumificio è concentrato soprattutto nella produzione di salami, sopresse e cotechini, anche se mantiene una piccola parte di rivendita di carni fresche. Flori è responsabile della produzione, ma è anche il tuttofare che negli anni ha imparato ad aggiustare le varie attrezzature utilizzate in produzione. Marco si occupa delle vendite, della pianificazione della produzione, dei nuovi prodotti, del magazzino e delle spedizioni.
Patrizia invece è principalmente in ufficio, per seguire l’amministrazione. "Mi occupo anche delle cotture di cotechini e pancette: sono le mie ricette", ci dice. Sembra così fragile e piccolina vicina al figlio e al marito, “Ma è lei il vero boss” ci dicono i due uomini. E in realtà non serviva dirlo: la visita è un teatro divertente di battibecchi e rimproveri, come ben sa chi lavora in un’azienda di famiglia.
Non ci sorprende che la sopressa sia “l’ossessione” di casa Fantin: siamo nella "Patria della Sopressa" che – Marco ci racconta – compare per la prima volta in un dipinto del 1577 del pittore Jacopo Da Ponte “Cristo in casa di Marta Maria e Lazzaro” conservato a Palazzo Pitti. Un salume che in questa zona trova le sue radici: prima di fine Ottocento non si sente parlare della sopressa fuori dal Vicentino; nemmeno nel Trevigiano, dove pure la sopressa ha fatto la sua storia.
Ma torniamo a noi. Siamo qui per vedere da vicino la lavorazione del Salame Nostrano e toccare con mano le due principali motivazioni che ci hanno fatto scegliere il Salumificio dei Castelli: una lavorazione attenta, dove ogni passaggio viene ancora oggi fatto a mano; e una cura maniacale nella stagionatura. Andiamo con ordine: il ciclo di lavorazione è settimanale.
Lunedì e mercoledì arriva la materia prima, da quattro macelli attentamente selezionati. Le mezzene vengono disossate a caldo - cioè prima di raggiungere i 7°C al cuore - già nel pomeriggio. Il taglio dei pezzi anatomici, ridotti alle dimensioni di un pugno, viene rigorosamente fatto a mano, con metodo: ad esempio, della pancetta uno specifico taglio viene sempre destinato alla sopressa, una parte al salame e un’altra parte ai cotechini.
I tagli riposano quindi nei vagonetti fino alla successiva lavorazione, mentre il grasso viene messo a sgocciolare. Il pomeriggio successivo viene preparata la “ricetta”: dai vagonetti le carni passano direttamente nel tritacarne, per essere poi trasportate tramite un nastro nell’impastatrice. “In questo modo la carne non si schiaccia, come accadrebbe rimettendola nei vagonetti una volta tritata, ma resta bella soffice e passa direttamente nell’impastatrice, dove viene lavorata in modo uniforme” - ci tiene a precisare Flori.
Va anche ricordato che i salumi della famiglia Fantin sono privi di derivati del latte, fonti di glutine e glutammato; alla carne vengono aggiunti solo sale, spezie e aromi naturali, oltre a una modica quantità di nitrito di sodio e nitrato di potassio, meno del 50% del limite di legge. Una volta che l’impasto è pronto viene rimesso nei vagonetti e torna in cella per riposare nuovamente fino al giorno successivo, quando verrà trasferito direttamente, senza più essere toccato, nella macchina per insaccare.
“Un elemento importante che distingue il nostro Salame Nostrano è il budello: dire che si tratta di budello naturale non è sufficiente, anche il budello collato può essere dichiarato budello naturale, ma in realtà è ottenuto ricomponendo parti di budello. Per il Salame Nostrano usiamo invece il budello bovino intero come da tradizione”.
Patrizia ci porta nella cella dove vengono conservati i budelli proprio per farci toccare con mano la differenza. Dopo aver assistito all'insaccatura dei salami, ci spostiamo dalla sala lavorazione alle celle: “fermentazione e asciugatura sono le due componenti della stagionatura” - ci spiega Marco. La prima fase è l’asciugatura: salami e sopresse devono perdere umidità in modo il più uniforme possibile perché poi anche la stagionatura possa essere uniforme.
Dopo la lavorazione i salami vengono appesi sui carrelli e messi a sgocciolare nella cella di asciugatura per mezza giornata a 22°C, senza nessuna umidità impostata, per attivare i lattobacilli necessari a innescare il processo di maturazione delle carni. Successivamente si abbassa progressivamente la temperatura e si alza gradualmente l’umidità fino ad arrivare, nel giro di circa una settimana, a 12°C con l’80% di umidità: il monitoraggio è costante, in base a come procede l’asciugatura aggiustiamo i parametri di temperatura e umidità per arrivare al risultato desiderato.
"È come strizzare un po’ alla volta un asciugamano”, scherza Marco. Dopo una settimana di asciugatura passano in una prima cella di stagionatura ventilata, dove ad esempio le sopresse rimangono per circa un mese, prima di essere trasferite per ulteriori due mesi in un’altra cella, sempre ventilata, ma caratterizzata da un’umidità un po’ più bassa.
L’ultimo “quarto” della stagionatura avviene infine in una cella statica, con un’umidità del 82-92%. È qui che viene "rifinita" o "raffinata" la stagionatura, dove Marco "coccola" le sue sopresse: la durata della stagionatura in un prodotto artigianale non è mai certa, dipende sempre da tanti fattori, come la materia prima o le condizioni ambientali.
Il profumo della cella è quella dei salumi maturi, stagionati senza fretta, nel rispetto dei tempi di affinamento, come la tradizione ci insegna. È tempo di ripartire, ma non posso farlo senza una capatina ai Castelli di Giulietta e Romeo. Sarà pure una leggenda ma ha comunque il suo fascino. Il silenzio, la vista sui colli Berici, la suggestione della tragedia romantica suggellano questa giornata.
E mi sento privilegiata nel poter fare questo lavoro, che mi porta a visitare tante piccole realtà come quella della famiglia Fantin, che oggi ci ha aperto con affetto la porta della propria casa e della propria storia.