La storia del salame Felino IGP, chiamato così dal piccolo paese in provincia di Parma in cui si produsse per la prima volta questo apprezzatissimo salume, è inestricabilmente legata alla storia della famiglia Fereoli, che già a inizio Ottocento contava tra i suoi membri uno degli unici tre Lardaiuoli del borgo parmense.
Tramandata di generazione in generazione oggi quest’antica tradizione prosegue nell’azienda Fereoli Gino & Figlio.
Fondata da Gino, padre di Luigi, nel 1965, l’attività ora è guidata dal nipote Luca, che con i suoi 15 dipendenti produce ancora il Felino con lo stile dei mastri salumieri di un tempo.
Abbiamo intervistato Luca Fereoli per farci raccontare i segreti di quella che è una delle componenti essenziali della gastronomia parmigiana.
Luca, la vostra azienda ha una tradizione centenaria nella produzione del salame Felino. Cos’è cambiato nella produzione?
Il cambiamento più rilevante è legato alla comparsa nel secondo dopoguerra degli impianti di refrigerazione, che ci consentono di produrre per tutto l’anno, mentre un tempo la produzione era limitata alla stagione invernale.
Altro aspetto che abbiamo migliorato, grazie all’innovazione tecnologica, è il controllo computerizzato sulle stanze di asciugamento, le camere dove i salami stazionano nei primi 5-6 giorni di vita. Un tempo nelle camere si utilizzavano stufe a legna ed acqua, oggi invece è sufficiente impostare la temperatura e il grado di umidità, che poi vengono controllati attraverso dei microprocessori.
Ma è ancora l’uomo a deciderle, entrando nelle stanze d’asciugamento e toccando i salami con le mani: si decide in base al grado d’asciugatura del budello esterno.
Quali sono invece le scelte legate alla lavorazione alle quali non rinunciate, perché cambierebbero troppo le caratteristiche del salame?
La materia prima e il tipo di budello.
Mi spiego meglio: per il Felino usiamo parti pregiate del maiale, come il trito di banco (sottospalla), che poi provvediamo noi stessi a tritare a macinatura media. In un maiale di 170 kg ci sono 2 kg scarsi di materia prima, che ricaviamo esclusivamente da carni di suini allevati e macellati in Italia.
Noi teniamo molto ai tempi di sosta e raffreddamento della carne, sia prima che dopo la macinatura; questo ci permette di avere una carne compatta, riducendo l’utilizzo di additivi al di sotto dei limiti previsti dalla normativa.
Quanto al budello che usiamo per insaccarli, se nella produzione industriale si usa prevalentemente il sintetico noi invece continuiamo ad usare il cosiddetto budello gentile, che costituisce l’ultima parte dell’intestino del maiale.
Quali caratteristiche deve avere un salame di Felino di qualità?
Dev’essere dolce e delicato, perché a differenza di altri salami per il Felino si utilizza poco sale. L’uso delle spezie dev’essere quasi solo estetico: perciò usiamo grani di pepe nero interi, così si può decidere se tenerli o toglierli.
Non avrà pelli o nervi, perché il trito di banco (sottospalla) che si utilizza è carne di qualità.
Quali sono le fasi di produzione del salame Felino IGP?
Prima riceviamo il cosiddetto trito di banco (sottospalla) dal macello, che è un pezzo intero con le dimensioni di una grande costata.
Poi lo maciniamo e all’impasto aggiungiamo il sale e gli altri ingredienti che vanno a comporre la concia.
Quindi insacchiamo la carne nel budello gentile e facciamo a mano la legatura, con un’unica corda.
Prima di legarli grattiamo tutti i salami con una forchetta, perché il budello gentile ha uno spessore importante, che va regolato e uniformato su tutta la lunghezza del salame, per garantire un’asciugatura uniforme.
Quindi inizia la fase d’asciugatura e infine la stagionatura, che da noi dura anche 50 giorni, per garantire un prodotto che si scioglie in bocca.
Giulia Basso