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"CREDO CHE SIA UN ARTISTA CHIUNQUE SAPPIA FARE BENE UNA COSA; CUCINARE, PER ESEMPIO."

ACQUA E FARINA

Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Dilexit nos” pone la sua attenzione, e quella del lettore, in un piatto tipico della gastronomia barese, il panzerotto: un disco di pasta lievitata farcita con ingredienti semplici, chiuso a mezzaluna e sigillato con i rebbi della forchetta.

Atto che Francesco definisce come “quel momento di apprendistato culinario, a metà strada tra il gioco e l’età adulta, in cui si assume la responsabilità del lavoro per aiutare l’altro. Si tratta di gestualità che non potranno mai stare tra gli algoritmi. Perché si appoggiano sulla tenerezza che si conserva nei ricordi del cuore” conclude il Pontefice.

Questa riflessione potrebbe sintetizzare il percorso che abbiamo fatto insieme con cinque articoli ispirati dall’idea dello street food e da uno dei suoi esponenti più “fluidi” come una pietanza realizzata da un pane, declinato in mille forme, con qualcosa dentro.

Niente di più semplice, mi direte: chi non è in grado, in ogni paese, di preparare un panino? Ed ecco che qui avviene il primo inciampo: niente è più complicato di qualcosa apparentemente semplice, a partire dal tipo di pane: uno scrigno che di volta in volta valorizza in modo diverso il tesoro che protegge.

CIBO DI STRADA (PRIMA DELLO STREET FOOD)

Mangiare con le mani, senza la mediazione delle posate, è un atto di profonda intimità che si ha con il cibo e ci consente di affrontare il dualismo cibo-corpo-piacere senza sensi di colpa, di godere di un momento che non c’entra più nulla con la sopravvivenza, che crea complicità. Un atto liberatorio per un cibo anarchico.

Pensate che esiste addirittura un manifesto del cibo di strada italiano, a definire l’etica di pietanze apparentemente così sregolate, che per essere definite tali devono rispondere a poche e semplici regole: aderenza alla territorialità, fruibilità e consumo, artigianalità della produzione, economicità (rispetto a un piatto servito con le posate), tradizione e originalità, e infine deve procurare una sensazione non solo di sazietà, ma di benessere.

Il cibo di strada è un’espressione culturale complessa, un mix di tradizione e originalità, territorio e qualità: un portatore sano di felicità.

CUM PANIS E CUMPANATICUM

La puccia pugliese, da non confondere con le omonime piemontesi - un piatto invernale realizzato con carne, verza e farina di mais - è una forma di pane dal diametro di circa 20 cm, realizzata con la pasta di riporto che pirlata nuovamente in piccole forme (diversamente dai grandi pani pugliesi) offre dei panini con poca mollica da farcire con quanto offre la stagione e le campagne, soprattutto verdure fresche, pomodori, capperi e olive.

Successivamente la farcia si è via via arricchita con ingredienti più importanti e sostanziosi, come carne e pesce, così da rendere la puccia un piatto completo. L’anarchia gastronomica del nostro Paese non poteva venir meno anche in Puglia e la puccia si declina nelle oliate, pucce più piccoline che nell’impasto prevedono la presenza di olive nere e la puccia caddhipulina, una sorta di pranzo della vigilia della festa dell’Immacolata (8 dicembre) dalla facile realizzazione.

LE RICETTE DEL MAGAZINE

Le ricette delle pucce che troverete nel Magazine strizzano l’occhio al meraviglioso Salento ma vi consentiranno di realizzarle e condividerle anche in altri momenti dell’anno con ingredienti che giungono da territori diversi il cui connubio risponderà a una delle regole fondamentali del Manifesto: essere portatori sani di felicità. Buon appetito!

puccia-immacolata-valsana

1. LA PUCCIA DELL'IMMACOLATA

Un pranzo frugale per la Vigilia che consentiva alle donne di casa di partecipare comunque alle funzioni religiose. Le olive, dentro e fuori, sono presenti e si rifarebbero al Vangelo e all’importanza simbolica dell’olivo. Una leggenda narrata nel Salento racconterebbe che Maria, Giuseppe e il Bambino, in fuga da Erode, trovarono rifugio in questo albero: Giuseppe ordinò all’albero di aprirsi e nascondere la Vergine, pronunciando la frase “Àprite, ulìa, e scundi Maria”.

DOSI per 4 pucce
DIFFICOLTÀ: semplice
PREPARAZIONE: 15 minuti
COTTURA: 5 minuti

INGREDIENTI

> PER LE PUCCE:
4 Pucce Salentine
Tonno in tranci Bonito del Norte qb.
Cime di rapa alla pugliese qb.
Cremoso al Camembert di capra qb.
Qualche foglia di origano fresco e secco
olio EVO qb.
sale iodato qb.
pepe Timut qb.

> PER IL SERVIZIO:
Olive nere Celline qb
Crudaiola di Finocchi qb.

PROCEDIMENTO

Sciacqua le olive dalla salamoia e mescolale con un filo d’olio e qualche foglia di origano secco. Sgocciola anche il trancio di tonno dall’olio in eccesso, la crudaiola di finocchi e le cime di rapa. Para le cime di rapa e affetta quelle più grosse. Con una spatola mescola il caprino con una macinata di pepe e con qualche foglia di origano fresco.

Nel forno statico già caldo a 240-250° rigenera la puccia per 3/4’. Sforna, taglia a metà la puccia, spalma su entrambi i lati il caprino profumato, prosegui con il tonno e infine con le cime di rapa, chiudi, premi appena e passa in forno per altri 2’ max.

Taglia a metà e servi. Nel frattempo trasferisci in ciotoline le olive e i finocchi, profumando quest’ultimi con una macinata di pepe. Puoi anche mescolarli insieme aggiungendo qualche spicchio di arancia pelata a vivo, per una fresca insalata.puccia-vegetariana-valsana

2. IL VEGETARIANO FOODTROTTER: IL MEDITTERRANEO IN UN RIPIENO

Fave e cicoria sono un piatto “povero” della tradizione salentina, quasi una merenda. Diffuso anche in Basilicata, si compone di soli due ingredienti: le fave, cotte e ridotte in purea con cicoria cotta, il tutto accompagnato da fette di pane abbrustolite. Un giro per il Mediterraneo, prendendo in prestito la tecnica dell’hummus, e delle stagioni, rubando i germogli della cicoria. Qualche goccia di colatura di alici nell’hummus renderà la salsa più intrigante e sorprendente. La puccia la mettete voi, vero?

DOSI per 4 pucce
DIFFICOLTÀ: semplice
PREPARAZIONE: 50 minuti
COTTURA: 40 minuti

INGREDIENTI

4 Pucce Salentine
250 g di fave decorticate
3/4 scalogni
60 g di tahina
60 ml di olio EVO
250 g di Puntarelle alla crudaiola
80 g di Olive nere Celline
80 g di Pomodori semi-secchi Pom-up
80 g di yogurt greco
colatura di alici qb.
pepe Timut qb.
sale in fiocchi

PROCEDIMENTO

Sbollenta le fave in acqua salata e trasferiscile in una casseruola dove avrai stufato gli scalogni affettati in un paio di cucchiai di olio evo, mescola, aggiungi un bicchiere d’acqua o di brodo vegetale e continua la cottura a fuoco dolce e con il tegame coperto per circa 30’. Nel frattempo sgocciola e affetta le puntarelle, sgocciola i pomodori e tritali grossolanamente e sgocciola le olive dal liquido di conserva.

Trasferisci le fave cotte in un mixer ed emulsiona con l’olio e la tahina così da ottenere un hummus di fave: regola di sale e profuma con il pepe. Con una spatola mescola lo yogurt con il pomodoro, un filo di olio evo e il pepe. Nel forno statico già caldo a 240-250° rigenera la puccia per 3/4’.

Sforna, taglia a metà la puccia, spalma su un lato la salsa di yogurt e nell’altro l’hummus di fave, distribuisci un’abbondante quantità di puntarelle e qualche falda di pomodoro, chiudi, premi appena e passa in forno per altri 2’ max. Taglia e servi.puccia-danimarca-valsana

3. METTI UNA PUCCIA IN DANIMARCA (SMÖRREBRÖD)

I panini aperti, o smörrebröd, sono famosi in tutti i paesi del Nord Europa e sono la prima scelta per uno spuntino o un pranzo veloce. È in Danimarca, però, che questi snack a base di pane di segale sono più amati, tanto da essere i veri eroi della cucina danese. Si potrebbero intendere anche come un’insalata con sotto una fetta di pane piuttosto che come un vero panino. I due ingredienti insostituibili sono il pane di segale e tanto burro (così tanto da poter lasciare l’impronta dei denti sullo strato spalmato): il terzo è la fantasia, grazie alla quale la solare puccia sostituisce il severo pane di segale per un piatto dai profumi unici.

DOSI per 1 puccia
DIFFICOLTÀ: semplice
PREPARAZIONE: 15 minuti
COTTURA: 5 minuti

INGREDIENTI

1 Puccia Salentina
filetti di Aringa sciocca affumicata qb.
Barbabietola in salamoia qb.
Burro salato d'Isigny morbido qb.
yogurt greco cremoso qb.
Senape medio forte Handlmaier qb.
olio EVO qb.
aneto fresco qb.

PROCEDIMENTO

Sgocciola le barbabietole dalla salamoia e asciuga l’eccesso con della carta assorbente. Affetta i filetti di aringa in una julienne obliqua. Ottieni dall’aneto dei ciuffetti e tritane un po’. Mescola in una proporzione di 1:1 la senape con lo yogurt ed emulsiona bene con dell’olio evo e un trito di aneto. Nel forno statico già caldo a 240-250° rigenera la puccia per 3/4’.

Sforna, taglia a metà la puccia, spalma su entrambi i lati il burro, prosegui con la salsa, l’aneto, le barbabietole e infine l’aringa, chiudi, premi appena e passa in forno per altri 2’ max. Servi con abbondante salsa.