Vi raccontiamo l’incontro con Emanuela Perenzin e i suoi figli, Erika e Matteo, per programmare la presentazione del nuovo formato del San Pietro in Cera d’Api e degli ubriachi
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Questo articolo si doveva scrivere grosso modo un anno fa, eravamo pronti a raccontarvi una visita della rete vendita da Perenzin Latteria già da tempo programmata a marzo 2020, ma purtroppo i piani son stati sparigliati e son certo non serva spiegare il perchè.
Ma noi ci riproviamo ora con un taglio diverso: vi racconterà una visita ”in piccolo” fatta insieme a Martina e alla nostra fotografa Beatrice, e che speriamo sia foriera di una prossima visita con tutta la nostra forza vendita, non vediamo l’ora.
Abbiamo due obiettivi, fare una chiacchierata con Emanuela e i suoi figli, Erika e Matteo, e fare le foto per la copertina e il reportage dell’incontro.
Rallento un attimo, forse non tutti conoscete Emanuela, nonostante sia un volto noto del panorama caseario veneto e nazionale. L’avete vista in copertina certo, ma merita una parola in più.
Lei è una Perenzin di quarta generazione; ve l’avevo anticipato che in questo produttore c’è parecchia storia.
Il bisnonno di Emanuela, Domenico Perenzin, fonda la latteria nel 1898 insieme ai figli, tra cui Angelo, che porterà nel 1933 la latteria a vincere un prestigioso premio internazionale di settore a Bruxelles. Un motivo d’orgoglio che ancora oggi campeggia nella bacheca di famiglia.
Ma non è il solo, perchè poi la storia l’ha fatta Emanuela in prima persona, insieme all’ex-marito Carlo, approdando in azienda a metà anni ‘80 e subito iniziando a investigare prima il mondo della produzione biologica e poi il mondo dei formaggi caprini, a quel tempo pressochè sconosciuti in Italia. Non possiamo certo dire non siano stati pionieristici osservando ciò che è successo negli anni successivi: boom di formaggi caprini, boom di prodotti biologici. Non ne parleremo qui molto, ma di gran successo è la loro gamma di caprini freschi bio “Capre felici”: robiola, primo sale, ricotta e caciottina.
E pure la qualità di ciò che producono è di spessore, i riconoscimenti arrivano, i premi pure e la bacheca si arricchisce.
Oggi ci sono i due figli a coadiuvare Emanuela: Matteo, che si occupa dell’organizzazione del caseificio e delle stagionature ed Erika che segue il marketing, la bottega e il cheesebar. La quinta generazione che cammina.
Quando arriviamo ci dicono che Emanuela è al “trucco e parrucco”, passaggio obbligato quando si tratta di esser protagonista di una copertina. Ma si tratta di qualche minuto che passa in fretta, eccola che arriva!
Ci beviamo un caffè tutti insieme, qualche chiacchiera sul momento di mercato e immediatamente ritroviamo la passione per il mondo del formaggio che da sempre la contraddistingue.
Ci apprestiamo a iniziare la visita dell’azienda, scendiamo nel piano interrato per scale costeggiate da quella bacheca di premi, cimeli e vecchi strumenti di lavoro a cui accennavo prima, un benvenuto di tutto rispetto che ben dispone l’ospite alla visita che si accinge a fare.
Son scale che ho sceso diverse volte, accompagnando clienti internazionali e conosco “l’effetto che fa”.
Si respira l’importanza delle radici in questa famiglia e si prende atto del livello delle loro produzioni.
Entriamo in cella stagionature, un po’ scarica, essendo dicembre e gennaio i mesi in cui si lavora pochissimo latte di capra. Ci guardiamo intorno e capiamo subito che sarà comunque qui che scatteremo la foto di copertina. Vediamo le caciottone ricoperte da muffe buone che stan facendo il loro lavoro, le forme di Montasio Dop e San Pietro.
Scambiamo due chiacchiere sulla progressiva riduzione di formato iniziata ormai un anno fa su diversi prodotti, le forme da 6 kg circa vengono sostituite in toto da forme di più facile gestione da 2,5 kg circa.
Questo è stato fatto sia per efficientare la produzione in caseificio, sia per alleggerire il lavoro di manutenzione del prodotto in cella, più semplice da rivoltare e indubbiamente più rapido da portare a maturazione ottima. Forme più piccole ruotano anche più velocemente a banco, in negozio.
Certo, dobbiam essere consapevoli che la dimensione della forma incide sull’evoluzione del profilo aromatico del prodotto, in questa fase il formaggio da 2 kg tende a essere un bel po’ più giovane delle ultime forme grandi di Cera d’Api e Capra al Traminer in particolare, soprattutto perchè gli ultimi lotti di forme da 6 kg erano delle riserve messe da parte per noi che avevano stagionature eccezionalmente lunghe.
Ora che siamo da poco partiti con il Capra al Traminer piccolo e che iniziamo in occasione di questa uscita con la vendita del Cera d’Api di ugual forma, abbiamo una discontinuità di stagionatura e quindi primariamente emergono maggior burrosità del prodotto, maggior dolcezza e presenza di note fruttate delicate, soprattutto per l’affinato al Traminer.
Si tratta di una discontinuità che accettiamo di buon grado, trattandosi di produzioni artigianali, dove la scarsità della materia prima è legata anche al rispetto del ciclo di lattazione delle capre. Mi pare di rivedere il percorso fatto 13/14 mesi fa con le prime forme di Bufala al Glera quando, dopo i primi lotti meno stagionati, il prodotto è arrivato alla maturazione ottimale nel giro di un paio di mesi.
Le ubriacature vengono fatte in azienda e seguono un rigido rispetto della stagionatura di base del prodotto (almeno 3 mesi), un’immersione in vinaccia calda e vino (Glera, Traminer, Cabernet e Merlot, a seconda dei casi) e poi un’importantissima asciugatura di qualche giorno prima del confezionamento sottovuoto.
Altra strada invece per il Cera d’Api, formaggio vaccino di almeno 7/8 mesi che viene ricoperto dalla cera delle api come si usava nei tempi passati per conservare l’umidità del prodotto e permettergli di viaggiare intatto per lungo tempo.
Ma ancora per un attimo ritorniamo in cella, Emanuela e Beatrice han trovato il set corretto, scattano un bel centinaio di foto, e proseguiamo la visita tra cella di stoccaggio degli affinati, dove riposano i formaggi sottovuoto, continuando a maturare e a prendere il sapore degli ingredienti caratterizzanti. Qui la sosta è breve, non ci sono situazioni “fotogeniche”.
Le ritroviamo invece in caseificio, seppur fermo, perchè è ormai pomeriggio inoltrato; offre una bella dose di suggestione, la dimensione è contenuta, ma l’organizzazione e la disposizione delle caldaie e dei banchi aspersoi è ben fatta, il quadro perfetto per una bella foto di famiglia.
La giornata è piovosa, i colori grigi, ma la voglia di fare qualche chiacchiera non ci manca e quindi condividiamo con Emanuela, Matteo ed Erika la programmazione che precederà l’uscita di questo numero, assaggiamo insieme qualche formaggio inedito.
Erika ci racconta le evoluzioni social che stan portando avanti, mentre con Matteo si parla di stagionature, di mille mestieri da concludere, mentre Emanuela ascolta e osserva la quinta generazione che sta imparando a gestire l’impresa.
E’ bello esser presenti in questi momenti, è stato altrettanto bello ritornar in visita alla Latteria Perenzin ancora una volta. Si può fare un bel viaggio anche a soli 11 km da casa.
Alessandro De Conto
Responsabile del Team di Assortimento