Vi raccontiamo un viaggio che, causa Covid, abbiamo purtroppo dovuto riconvertire in una visita virtuale... Sperando di poter andare presto a visitare davvero questa meravigliosa azienda, con cui iniziamo una nuova avventura
Guido l’ho incontrato pochi giorni fa su Zoom, spazio virtuale in cui tanti di noi trascorrono le proprie giornate tra call e riunioni in questo periodo di smart working.
Abbiamo organizzato un momento di formazione online con la nostra rete vendita dedicato alla regina dell’estate, la Mozzarella di Bufala.
A ciascun partecipante è stato inviato un kit con le quattro referenze che abbiamo in assortimento, che corrispondono ad altrettante realtà produttive, totalmente diverse l’una dall’altra: Rivabianca, LadyBù, Borgoluce e la new entry, La Maremmana.
Dopo una degustazione comparativa delle quattro bufale, abbiamo chiesto a Guido di presentare la sua azienda a tutti i nostri commerciali.
In realtà Guido Pallini lo conosciamo da un po’ di tempo e La Maremmana la stavamo monitorando da un paio d’anni, dopo esserci incontrati a varie fiere in giro per il mondo, dal Cheese di Brà allo Speciality di Londra: una mozzarella di latte di bufala che non fa parte del consorzio della Mozzarella di Bufala Campana DOP ma che ha una sua personalità e una bella storia da raccontare
“Quando mio padre, alla fine degli anni ‘80, decise di acquistare una cinquantina di capi da un allevamento di Foggia per allevarli allo stato semibrado, all’aperto, sulle colline di Grosseto, tutti gli dissero che sarebbero morti nel giro di pochi mesi. Sono passati più di 30 anni e ora le bufale sono oltre 700”.L’azienda agricola Diaccialone si trova a Capalbio, in una zona collinare in provincia di Grosseto: 400 ettari di seminativi, sui quali vengono coltivati cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali, e 600 di bosco, dove vengono allevati allo stato brado anche 150 capi di Maremmane.
La Maremmana è una razza bovina autoctona della bassa Toscana e dell’alto Lazio, rustica e molto robusta, dalle grandi corna a lira e dal manto con sfumature grigie.
Una razza da carne e da lavoro quasi del tutto estinta dopo la bonifica della Maremma, oggi Presìdio Slow Food, che può essere allevata solo allo stato brado e viene pertanto gestita ancora oggi dai “butteri”, mandriani a cavallo.
L’azienda agricola nasce proprio con l’allevamento di questa razza bovina da carne, ma durante la crisi degli anni ‘80 diventa necessario riconvertire l’azienda.
Marcello Pallini, papà di Guido, durante un viaggio a Salerno si innamora delle bufale, animali robusti e intelligenti, e decide di reintrodurle in Maremma.
Reintrodurle, perchè la Maremma pre-bonifica era un ambiente molto difficile, con molte similitudini rispetto alla Piana del Sele, in Campania, dove i bufali venivano impiegati come animali da lavoro proprio per la loro capacità di adattarsi alle condizioni più difficili
Dopo la bonifica l’allevamento delle bufale è praticamente scomparso dalla Maremma, forse anche perchè ricordava agli allevatori quei tempi difficili.
Riprendo i miei appunti di viaggio dello scorso anno. Sono stata in quest’area della Toscana più o meno in questo stesso periodo: chiudo gli occhi e rivedo i casali, i cipressi, le colline, paesaggi millenari che svuotano i pensieri e alleggeriscono lo spirito, soppratutto se accompagnati dal suono che incarna l’estate, le cicale.
Bando ai ricordi, questa volta mi devo accontentare di un viaggio virtuale: parto dal sito aziendale lamaremmana.it dove subito sono colpita dalla gallery di foto e video (molto belli), che mi permettono di farmi un’idea abbastanza precisa dell’azienda... oltre ad acuire il rimpianto non esserci potuta andare davvero. Ci rifaremo!
Continuo con una full immersion sui social, in particolare nei profili Instagram e Facebook dell’azienda. Poi, come spesso accade in un viaggio, mi perdo lungo percorsi fuori programma, leggendo le tantissime interviste rilasciate da Guido a diverse testate e organizzazioni.
Così scopro che il dott. Pallini, laurea in Economia e Finanza, prima di prendere in mano l’azienda di famiglia ha lavorato nella City, a Londra, in una banca di investimento giapponese: è uno dei giovani coraggiosi che ha deciso di lasciare una professione in città per ritornare alle origini
A commento di questa decisione, leggo in uno dei vari articoli che, oggi, comunque, scegliere la campagna non è più considerato un gesto tanto folle. Magari non folle, ma sicuramente coraggioso.
E’ confortante tuttavia scoprire che il numero di aziende agricole guidate da under 35 è cresciuto del 12% negli ultimi 5 anni: ragazzi che spesso hanno fatto esperienze diverse nel campo della gestione aziendale, del marketing, della finanza, spesso all’estero, e che ritornano a casa portando con sè un bagaglio di competenze, visione e capacità di innovazione da innestare nella tradizione familiare.Come nel caso di Guido, che è riuscito a dare nuova energia a una famiglia che il mestiere dell’allevatore lo fa da 200 anni, quando ancora in Maremma si faceva la transumanza.
“L’esperienza finanziaria è stata molto interessante e devo dire che oggi me la ritrovo tutta. È un concetto di vita diversa. Mio padre vendeva il latte senza trasformarlo. Io – continua Guido - ho voluto chiudere il cerchio costruendo un caseificio ricavato all’interno di un antico casale in azienda, dove facciamo tanti tipi di formaggio con il latte di bufala. Trasformare oggi è un passaggio obbligato, perché è quello che dà il valore aggiunto a ciò che si produce”Oggi il 90% del latte viene trasformato nel caseificio di proprietà, mentre il rimanente 10% viene ancora venduto ad altri caseifici del centro Italia, ma l’obiettivo è arrivare a trasformare tutta la produzione.
Il Caseificio “Inno al Sole” è situato a Principina Terra, frazione di Grosseto, nel cuore della Maremma. E’ stato ricavato da un casale del 1800, a 500 metri dalla stalla, ed è affiancato dallo spaccio aziendale, separato dal laboratorio solo da una vetrata per dare la possibilità ai clienti di vedere la produzione.
“Nel caseificio utilizziamo esclusivamente latte di bufala del nostro allevamento, oltre alla mozzarella di bufala filata a mano, si producono ricotta, yogurt, burrata e una varietà di formaggi di ispirazione francese”.
Il casaro, Francesco Fasulo, è di Battipaglia, culla dell’antica tradizione della mozzarella di bufala.
“Abbiamo scelto una persona con esperienza nella lavorazione del latte di bufala per valorizzare il nostro latte, che tutti i nostri clienti ci hanno sempre detto essere di ottima qualità, delicato, con una carica batterica bassa”
Inizialmente la stalla era a Capalbio, dove avveniva anche la mungitura.
Nel 2000 abbiamo deciso di trasferire le bufale “in produzione” nella stalla a Grosseto, dove ora risiedono circa 400 capi (150 in lattazione): qui gli animali, allevati a stabulazione libera, dispongono di ricoveri al coperto con le tradizionali lettiere in paglia e ampi terreni recintati dove possono muoversi liberamente.
Le bufale nascono quindi a Grosseto e ci restano fino a 6 mesi, poi vengono trasferite a Capalbio, nell’azienda agricola a 50 km circa di distanza, dove rimangono fino a quando raggiungono i 2 anni di età.
A questo punto vengono riportate a Grosseto per partorire, e poi “entrare in produzione”.
“Questi due anni di vita all’aperto sono molto importanti per le nostre bufale. Il contesto in cui vivono gli animali li rende sani e forti, con un notevole impatto sul loro benessere e di conseguenza sulla qualità del latte, ma anche sulla loro longevità: il nostro record è una bufala di 20 anni con ben 17 figliature”
Chi visita il Diaccialone a Capalbio resta sempre colpito dagli spazi ampi a disposizione degli animali: 1 ettaro ogni 100 animali.
Qui le bufale vivono semibrade all’aperto nelle colline dell’azienda agricola e vengono alimentate con il sistema uni-feed.
Attorno alla stalla ci sono numerosi ettari di seminativi dove vengono coltivati cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali.
L’80% dell’alimentazione viene prodotta in azienda: insilato di mais e di grano, fieno, con un‘integrazione di farina di mais e farina di soia per dare energia e proteine.
Ancora una volta ritroviamo il concetto cardine su cui si fonda ogni filiera corta: il controllo dell’alimentazione degli animali è fondamentale per la qualità dei prodotti.
Durante l’incontro su Zoom ritroviamo nella presentazione di Guido un altro concetto a cui teniamo molto: il modello produttivo della famiglia Pallini è ispirata all’idea di economia circolare, per massimizzare l’efficienza e la sostenibilità ambientale dell’azienda.
Nei terreni di proprietà vengono prodotti i foraggi per l’alimentazione delle bufale, i cui reflui - assieme a scarti e siero provenienti dal caseificio, colture dedicate e sottoprodotti agro industriali come la sansa - alimentano l’impianto di biogas.
Si tratta di un impianto di energia rinnovabile da biogas che produce sia energia elettrica (400kw ora) - usata in parte per l’azienda e in parte immessa in rete - sia energia termica, usata per generare acqua calda per la stalla.
Al termine del processo di fermentazione quello che rimane, il “digestato”, è un ottimo fertilizzante, con un alto contenuto di sostanza organica, fosforo, azoto e potassio.
Ritorniamo quindi alla terra, secondo una logica circolare millenaria
Un’altra pratica molto importante adottata in azienda è anche la semina su sodo, detta anche semina diretta, un sistema di coltivazione che si basa sull’assenza di qualsiasi tipo di lavorazione meccanica del terreno.
È una tecnica di agricoltura conservativa, che rispetto alle forme convenzionali (aratura, fresatura, erpicatura), lascia il terreno indisturbato e contribuisce alla sua naturale strutturazione, all’accumulo di carbonio organico, alla riduzione dei fenomeni di erosione e desertificazione, e alla migliore gestione delle risorse idriche.
Con questa finalità è stata introdotta anche l’irrigazione a goccia, un metodo che somministra lentamente l’acqua alle piante, depositandola sulla superficie del terreno contigua, consentendo di minimizzare il consumo d’acqua e ottenere migliori risultati produttivi.
Solitamente le mie letture trovano la loro conclusione in un viaggio vero, in un incontro, una stretta di mano. Questa volta si sono concluse con un incontro su Zoom.
“Piuttosto di niente meglio piuttosto”, si dice da noi. Ma devo confessare che mi è mancata l’emozione di ascoltare i suoni della natura, di vedere gli occhi brillare nel racconto di una scelta di vita e di respirare il legame profondo con la terra e gli animali di questa famiglia. Speriamo di poterlo programmare presto per davvero...
Martina Iseppon
Responsabile Marketing