Una filiera cortissima: quella dei salumi prodotti dalla famiglia Savigni a partire dalla carne dei loro maiali, allevati allo stato brado sull'Appennino Tosco Emiliano
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Pavana è un piccolo paesino sperduto nell'appennino Tosco Emiliano, poche anime e un salumificio: quello della famiglia Savigni.
Con la macelleria Savigni lavoriamo da diversi anni, principalmente con il salame e la finocchiona di cinta senese, tuttavia negli ultimi tempi sentivamo il bisogno di riaccendere un po' la relazione con questa azienda di grande spessore e potenzialità.
Zaino in spalla, abbiamo organizzato una visita con tutto il team di assortimento.Come spesso accade, da questi incontri non ci portiamo a casa soltanto nuove idee di inserimento ma anche tante riflessioni, direzioni di ricerca e una bella dose di energia emotiva che ogni produttore ci regala.
Incontriamo Mileto e Nicolò Savigni in tarda mattinata a Pavana, presso il loro salumificio. Non abbiamo altri impegni programmati, possiamo dedicare loro l'intera giornata e decidiamo assieme come organizzare la visita: visitiamo subito il salumificio e mangiamo un boccone per pranzo prima di andare in montagna, nella zona di San Marcello Pistoiese, sopra Spignana.
Qui, da circa un paio d'anni, i Savigni hanno acquistato un centinaio di ettari di terreno, prati e boschi tra i 400 e mille metri di altitudine, per allevare i loro maiali di razza Cinta Senese e Sambucano con il metodo biologico, ossia senza antibiotici, senza OGM, senza l'inseminazione artificiale e senza gabbie per il parto; i suini vengono allevati allo stato brado, con un'integrazione di foraggi biologiciIl salumificio è stato ricavato negli anni all'interno di un palazzo, quasi al centro del paese, ed è disposto su due piani. Entriamo guidati da Mileto, che in azienda segue la produzione, in tempo per assistere alla legatura delle pancette, fatta ancora rigorosamente a mano.
La famiglia lavora le mezzene intere: i maiali, provenienti esclusivamente da allevamenti di proprietà, vengono macellati il lunedì mattina, ma la produzione inizia il martedì per permettere alla carne di raffreddarsi in modo uniforme.
Ogni settimana vengono macellati una decina di maiali, destinati a diverse produzioni. Quella che ci ha entusiasmato di più, fin dal primo assaggio al Taste di Firenze, è quella del prosciutto cotto nostrano di montagna, ottenuto da suini di razza Sambucano, tra gli ultimi nati in casa Savigni. Fino a qualche tempo fa la cottura veniva esternalizzata, ora invece è stato realizzato un piccolo ampliamento del salumificio per poter gestire il processo produttivo completo, compresa la cottura.Mileto ci spiega che il processo di produzione è molto lento e dura circa sette giorni, non solo poche ore: dopo il sezionamento e la zangolatura, la coscia riposa infatti circa una settimana. La scelta di lavorare solo carni proprie, sommata alla cura e alla lentezza del processo limita la disponibilità del prodotto: ogni settimana vengono quindi prodotti 20 prosciutti. Si tratta di cotti nostrani di montagna, dicitura consentita e riportata in etichetta perché i maiali Sambucani – suini meticci ad attitudine rustica, un incrocio tra diverse razze, il nome è stato attribuito da Savigni - son allevati davvero in montagna, fino a 1000 metri di altitudine. Il profumo in primis, e poi il sapore al palato, ci riportano a sensazioni antiche, quelle della carne ben cotta, quasi arrostita, e del grasso profumato e fondente, non stucchevole. Si tratta di un cotto di primissima qualità, cotto in stampo e disponibile solo tagliato a metà sottovuoto.Continuiamo la visita ed entrando nelle celle ci accorgiamo della grande varietà di prodotti, molto meglio che sfogliare un catalogo!
Del maiale, si sa, non si butta niente, e proprio per questo le lavorazioni che fanno i Savigni sono tantissime.
Raggiungiamo la Fattoria Bonaria, in località Butale, dove i suini nati in azienda vengono allevati allo stato brado nei boschi di lecci e querce. La salita richiede un'oretta, che passa velocemente grazie ai racconti di Nicolò sui personaggi del luogo.La vallata che risaliamo è molto stretta e bellissima dal punto di vista naturalistico. La natura scalpita, ma di certo non ci aspettiamo di trovare la radura incontaminata dove si trova l'agriturismo di famiglia, tutto rigorosamente in rosa - come da colori aziendali - e arredato come una deliziosa e accogliente casa delle bambole.
Non riusciamo a smettere di guardarci attorno e nelle radure all'ombra iniziamo a scorgere i primi maiali che fanno la siesta.Nicolò ci apre il primo recinto, attrezzato con la doppia recinzione per evitare il contatto con animali selvatici e in particolare con i cinghiali, per salvaguardare i maiali da eventuali contagi, in particolare dalla peste suina che negli ultimi mesi sta preoccupando, e non poco, tanti allevatori. In ogni recinto c'è almeno una fontanella dove i maiali possono bere, che crea anche dei rivoli d'acqua e delle "piscine" di fango a sfioro con vista l'Appennino, dove i maiali si immergono con piacere per sfuggire alla calura estiva. Allo stesso modo qualcuno cerca riparo dal caldo nelle diverse casette dislocate qua e là tra le querce, dei ricoveri con il pavimento in legno rialzato dove i maiali si possono rifugiare anche quando piove. I maiali si nutrono liberamente di ghiande, castagne, erba, bacche e tartufi, ma l'alimentazione naturale non è sufficiente e viene quindi integrata principalmente con granaglie bio.E' impressionante la pendenza del terreno e allo stesso tempo l'agilità di questi maiali, nonostante la mole: questo perché sia la Cinta Senese che il Sambucano sono razze rustiche, adatte all'allevamento brado. "Un maiale abituato alla stabulazione fissa non sarebbe nemmeno in grado di camminare su questi terreni" - ci dice Nicolò.Saliamo ancora di altitudine, questa volta ci accompagna Mileto con il quad con una guida decisamente sportiva. Prendiamo una strada sterrata, attraversiamo i prati dove pascolano i loro vitelli di varie razze tra cui la Limousine, passiamo dal cantiere del nuovo b&b, un vecchio ostello che stanno ristrutturando e arriviamo a oltre 1200 metri di altitudine. Scendiamo po' più in basso nel prossimo recinto, dove i maiali si nascondono tra l'erba e la vegetazione, che qui è decisamente più fitta. Proviamo ad avvicinarci con cautela per scattare la foto di copertina, che comunque non rende giustizia alla bellezza del posto. Tra i rami si intravedono l'intera valle e le montagne circostanti.Riscendiamo verso l'agriturismo e, vicino al primo recinto, abbiamo la fortuna di poter visitare anche la nursery, una ex stalla con i box per i cavalli dove i Savigni hanno ricavato un luogo tranquillo per i parti delle scrofe. Una di queste stava allattando una dozzina di maialini di pochi giorni, spettacolo!Salutiamo Nicolò e Mileto, ringraziandoli per il tempo che ci hanno dedicato e rientriamo discutendo già dei prossimi inserimenti. È proprio vero che lavorare per tanti anni con un produttore non significa conoscerlo del tutto: ogni incontro è davvero un'opportunità di imparare qualcosa di nuovo e fare delle belle scoperte.
Alessandro De Conto
Responsabile Commerciale