DOP, IGP, STG, PAT: queste sigle ormai ci sono piuttosto familiari, ma conosciamo davvero quali sono le differenze tra le varie denominazioni?
I territori nazionale ed europeo offrono una vasta varietà di prodotti alimentari e quando un prodotto “esce” dalla zona d’origine occupando sempre maggiore spazio “fuori confine”, si trova indubbiamente a scontrarsi con altri prodotti che cercano in qualche modo di sfruttarne il nome per guadagnare terreno.
Purtroppo la concorrenza sleale che ne può derivare potrebbe risultare scoraggiante per il produttore e disorientare il consumatore che potrebbe chiedersi quali sono le differenze.
Nel 1992 la comunità europea ha creato un sistema per tentare di promuovere, e in qualche modo preservare, i prodotti agroalimentari, sono nate così DOP, IGP e STG.
L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall'Unione europea, ma vediamoli nel dettaglio:
Denominazione di Origine Protetta ∙ DOP
Identifica un prodotto originario di un luogo, regione o in casi eccezionali di un determinato Paese, le cui qualità o caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata.
L’ambiente geografico comprende sia fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali), sia fattori umani (tecniche di produzione tramandate nel tempo, artigianalità, savoir-faire) che consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori della specifica zona produttiva
Perché un prodotto sia DOP, le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un’area geografica delimitata. La produzione, inoltre, deve rispettare rigide regole stabilite nel disciplinare, e il rispetto di tali regole è garantito dagli organismi di controllo.
Attualmente sono stati riconosciuti 573 prodotti con la denominazione DOP, di cui 167 prodotti agroalimentari e 406 vini.
Per completezza di informazioni, una denominazione che si sentiva un tempo nel mondo del vino è la Denominazione di Origine Controllata DOC che dal 2010 non è più in uso perché per la legge europea è compresa nella sigla DOP, tuttavia l’utilizzo è ancora consentito.
Questa denominazione è stata storicamente utilizzata dal 1966 come marchio per i vini di qualità prodotti in aree geografiche di dimensioni piccole o medie, con caratteristiche attribuibili al vitigno, all’ambiente e ai metodi di produzione.
Anche la Denominazione di Origine Controllata e Garantita DOCG fa ora parte della famiglia delle DOP ed è attribuita a vini già riconosciuti come DOC e ritenuti di particolare pregio.
Indicazione Grografica Protetta ∙ IGP
Questa denominazione identifica un prodotto anch’esso originario di un determinato luogo, regione o Paese, alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili caratteri che conferiscono una certa qualità.
Almeno una delle fasi di produzione, per i prodotti che riportano questo marchio, deve essere effettuata nell’area geografica delimitata.
Anche in questo caso il produttore deve attenersi a rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione.
Attualmente sono stati riconosciuti 251 prodotti come Indicazioni Geografiche, di cui 133 prodotti agroalimentari e 118 vini.
DOP e IGP: le differenze
La sostanziale differenza fra prodotti DOP e prodotti IGP, sta nel fatto che, nel caso di prodotti DOP, tutto ciò che riguarda la realizzazione del prodotto ha origine nel territorio dichiarato, mentre nel caso del prodotto IGP il territorio dichiarato conferisce al prodotto le sue caratteristiche peculiari solo attraverso alcune fasi della produzione, ma non tutto ciò che concorre al suo ottenimento proviene dal territorio dichiarato (ad esempio, le materie prime).
Un esempio è la Bresaola della Valtellina che è un prodotto IGP e non DOP perché ottenuto da carni di animali che non sono allevati in Valtellina, pur seguendo i metodi di produzione tradizionali e beneficiando, nel corso della stagionatura, del clima particolarmente favorevole della zona.
Un altro esempio è la Porchetta di Ariccia IGP, nel disciplinare di produzione sono specificate le razze dei suini che possono essere utilizzate ma non è citata la provenienza, sta quindi al produttore, in base al prodotto che vuole realizzare scegliere carni nazionali o meno.
Specialità Tradizionale Garantita ∙ STG
Caso a sé è la Specialità Tradizionale Garantita STG che non fa riferimento a un'origine, ma vuole valorizzare una composizione tradizionale del prodotto o un metodo di produzione tradizionale.
I prodotti riconosciuti STG seguono specifici metodi di produzione e ricette tradizionali.
Le materie prime e gli ingredienti utilizzati tradizionalmente rendono questi prodotti delle specialità, a prescindere dalla zona geografica di produzione
Attualmente sono state riconosciute 3 Specialità Tradizionali Garantite: la Mozzarella, la Pizza Napoletana e l'Amatriciana Tradizionale.
Prodotto Agroalimentare Tradizionale ∙ PAT
Per concludere ci sono i PAT Prodotto Agroalimentare Tradizionale.
Questo marchio viene utilizzato solo in Italia per contraddistinguere i prodotti tradizionali e di nicchia con una diffusione così ridotta da non concorrere all’assegnazione di DOP e IGP.
È l’unica sigla di qualità che è attribuita dalla Regioni con l’obiettivo di valorizzare le specialità locali ottenute con metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura tradizionali
Inoltre...
Tutte queste produzioni vengono tutelate appunto dai relativi Consorzi di Tutela o dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Verifiche continue vengono effettuate anche dai Carabinieri, in particolare dal Nucleo Antisofisticazioni e Sanità (NAS).
Tutti concorrono a preservare i prodotti con i marchi citati sopra dalla contraffazione
Particolare attenzione la si deve fare nell’utilizzo delle denominazioni di vendita perché alcuni prodotti, soprattutto DOP, sono talmente famosi che il loro nome a volte viene utilizzato per definire una categoria di prodotti.
È il caso, per esempio, del Gorgonzola: questo nome è specifico per il prodotto DOP e non può essere utilizzato per identificare un qualsiasi formaggio erborinato.
Lo stesso vale per il Grana Padano o per il Parmigiano Reggiano, e in questi casi addirittura la denominazione non può essere utilizzata per il prodotto “smarchiato” perché proprio in quanto tale non ha superato i controlli del Consorzio e non soddisfa le caratteristiche che deve avere il prodotto DOP.
Anche l’utilizzo del nome di un prodotto DOP contenuto in un’altra denominazione deve essere autorizzato dal Consorzio, ad esempio se vengono preparati dei ravioli ripieni di Gorgonzola e noci potranno essere denominati “Ravioli Gorgonzola e noci” solo previa autorizzazione.
Etichettatura e confezionamento infine, per alcuni prodotti DOP, possono essere effettuati solo ed esclusivamente nelle zone di produzione: è il caso ad esempio del Parmigiano Reggiano, della Fontina, del Castelmagno, ecc.
In tutti gli altri casi, soprattutto per le porzioni, deve esserci comunque l’autorizzazione da parte del Consorzio.
Ovviamente i furbetti ci sono sempre e rispettare i disciplinari ha un costo.
È chiaro che acquistare un formaggio frazionato all’origine ha un costo differente rispetto all'acquisto di una forma intera da frazionare in autonomia, anche se non è permesso.
Tuttavia insisto nel sottolineare che è responsabilità di tutti noi, per il posto che occupiamo all’interno della filiera, rispettare e far rispettare queste regole che tutelano i prodotti e i produttori dalla concorrenza sleale.
Imparare a rispettare il lavoro di tutti ci offre la possibilità di migliorare il territorio in cui viviamo
Ancora una volta quindi, attenzione all’etichetta!
Giorgia Barbaresco
Responsabile Qualità