Il sig. Sergio Moro
“Per diventare un mastro affinatore servono, oltre a materie prime attentamente selezionate e una conoscenza sopraffina delle tecniche di lavorazione, una gran dose di fantasia, creatività e voglia di sperimentare nuove combinazioni di sapori e odori”.
Parola di Sergio Moro, che grazie alla sua spiccata abilità nell’arte dell’affinamento dei formaggi ha portato la propria azienda a essere conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.

La Latteria Moro, con sede a Oderzo, piccolo borgo della provincia di Treviso, oggi commercializza i propri formaggi al di qua e al di là dell’Oceano, dagli Stati Uniti al Giappone.
I suoi prodotti hanno conquistato le pagine di riviste internazionali di prestigio: l’ultima in ordine cronologico è Elle Singapore, che in un approfondimento sui formaggi “da sogno” ha inserito ben due prodotti della Latteria Moro, il Choco 21, formaggio erborinato con liquore al cioccolato, e il Fior d’Arancio, erborinato affinato con vino passito Fior d’Arancio DOCG.

Insieme a Sergio Moro abbiamo ripercorso la storia di quest’azienda di successo, che di anno in anno continua a sfornare originalissime novità capaci di fare breccia nel mercato nazionale e internazionale.

Quando e com’è nata la Latteria Moro?
E’ nata nel 1930 da mio nonno Luigi, che con l’aiuto dei due figli organizzò un centro di raccolta del latte dalle stalle della zona, per venderlo poi sfuso alle famiglie. Nel 1950 l’azienda si specializzò nella produzione di formaggi e si divise in due rami: uno andò a mio zio, uno a mio padre. Negli anni ’80 entrai in gioco io, che per diversificare l’attività paterna mi dedicai al recupero delle vecchie tecniche di stagionatura e affinamento dei formaggi usate da contadini e pastori. L’idea ha funzionato: l’azienda nel tempo è cresciuta e oggi abbiamo una decina di dipendenti, che si occupano di tutte le fasi della lavorazione.

Quali criteri utilizzate per scegliere i fornitori e le materie prime che usate per realizzare i vostri prodotti?
Si lavora in team: c’è chi si occupa della selezione dei formaggi da affinare, che acquistiamo dai produttori, e chi degli ingredienti che usiamo per l’affinamento. In particolare il vino, che utilizziamo per molti dei nostri prodotti, ci porta a lavorare insieme alle cantine e ai Consorzi di Tutela, penso per esempio ai nostri formaggi al Prosecco o all’Amarone. La scelta dell’abbinamento tra tipo di formaggio e vino viene fatta attraverso una serie di prove tecniche in laboratorio. Ma c’è una regola che ci sta a cuore: scegliamo formaggi rigorosamente locali in base alla zona di provenienza del vino. Perciò per il Prosecco un formaggio prodotto nella provincia di Treviso, per l’Amarone un formaggio del veronese.

Fate molto uso di mosto e vinacce per i vostri formaggi. Perché il mosto e non il vino?
Perché il mosto è molto più profumato, mantiene intatte tutte le caratteristiche organolettiche e i profumi dell’uva, che nel vino un po’ si perdono.
Nei vostri prodotti c’è molta ricerca della novità che si presti al palato contemporaneo, penso per esempio al Choco 21, al Nero Fumè, aromatizzato con tè nero, o al Muffato, affinato con menta, verbena e camomilla. Come nascono questi abbinamenti?
Nascono dalla necessità di inventare prodotti sempre nuovi per soddisfare una clientela sempre più esigente e sofisticata. Così mi nutro di suggestioni di vario tipo: io ci metto la fantasia, il mio team la ricerca tecnica per ottenere il risultato migliore, attraverso molte prove in laboratorio. Nel caso del Choco 21, per esempio, l’idea mi è venuta da una ricetta dello chef Antonino Canavacciuolo, la “Cioccolato e Gorgonzola”, in cui la combinazione arricchisce una crema a base di patate e topinambur. Mentre per il Nero Fumé, erborinato al tè nero Lapsang Souchong e affumicato su legno di cedro e pino, l’ispirazione mi è venuta partecipando a una degustazione a cura di Valsana che abbinava formaggi e tè.

Il vostro è un lavoro che regala grandi soddisfazioni e lascia spazio alla creatività, ma quali sono le difficoltà che vi trovate ad affrontare?
Il nostro team è molto affiatato e lavora con serenità e competenza. Le uniche difficoltà sono di carattere burocratico, soprattutto per i prodotti che utilizzano ingredienti DOC o DOCG.


Giulia Basso