Un viaggio a Roccalbegna, un antico borgo medievale alle pendici del monte Amiata, per incontrare Simone e Angela del Caseificio Il Fiorino e visitare la cantina naturale dove stagionano i loro formaggi top di gamma
“Chiudi la porta della grotta che entrano i moschini e si mangiano il cacio!”
Mi rimprovera Valentina, la figlia più piccola di Angela Fiorini e Simone Sargentoni. E’ lei assieme a Sofia, la sorella maggiore, a farci da guida nella visita alla grotta della famiglia Fiorini. Piccine, ma con un bel piglio, l’orgoglio di raccogliere l’eredità della famiglia Fiorini e la consapevolezza del valore dei formaggi che ci stanno mostrando.
Dopo aver dormito a Grosseto ci lasciamo la città alle spalle e (in)seguiamo Simone tra le colline toscane, cercando di stare al passo della sua guida sportiva. Raggiungiamo Roccalbegna, uno storico borgo medievale, alle pendici del Monte Amiata, incastonato tra aspri speroni carsici, come il celebre Sasso, che fa da sfondo all’antica Rocca.
La Grotta del Fiorini si trova ancora oggi all’ingresso di questo antico borgo. “Casa e bottega”, come si usava un tempo
La palazzina, dove abita la mamma di Angela, nasconde infatti sul retro “il caveau” di famiglia: ricavata negli anfratti rocciosi a cui è addossato l’edificio, ecco l’ingresso della grotta dove vengono stagionati i formaggi.
La grotta è stata ristrutturata e ampliata di recente, sfruttando i locali del vecchio stabilimento. Il caseificio si trova invece poco più avanti, dopo il centro storico di Roccalbegna, in località Paiolaio, in un moderno stabilimento di tremila metri quadri.
Visitiamo innanzitutto il caseificio. Scendiamo dall’auto e respiriamo la pace delle colline, lo sguardo che si perde tra pascoli, prati, boschi e ulivi, mentre le cicale ci ricordano che è piena estate.
Per entrare nel caseificio passiamo dal negozio, che è allo stesso tempo un punto vendita dove si possono acquistare i formaggi di famiglia, oltre a tante altre specialità della Maremma, ma anche uno spazio che racconta la storia dei Fiorini, attraverso le numerose foto e i premi incorniciati con cui sono tappezzate le pareti.
“La famiglia Fiorini ha origini tosco-romagnole” - racconta Simone. “Francesco Fiorini, battezzato a Roccalbegna nel 1812, fu probabilmente il primo della famiglia ad acquistare proprietà agricole in Maremma e a dedicarsi all’allevamento di ovini.
Nel 1925 un suo discendente, Ferrero Fiorini, sposò Caterina Pandolfi di Roccalbegna, incrementò gli affari e aprì una bottega in paese. Ebbe due figli, tra cui Duilio, papà di Angela, che fondò nel 1957 l’attuale caseificio Il Fiorino: una vecchia caldaia, conservata come un cimelio d’antiquariato, mostra lo storico punzone con la data di fondazione dell’azienda”.
L’attuale caseificio è stato realizzato nel 1989 ed è gestito da Angela e Simone: un’azienda che ha saputo crescere gradualmente negli anni e che oggi dà lavoro a circa 30 persone
Angela e Simone sono riusciti a far conoscere e far apprezzare a livello internazionale i prodotti caseari dei Fiorini di Roccalbegna, conservando allo stesso tempo genuinità e artigianalità dei prodotti. Ne sono una testimonianza i numerosi premi internazionali vinti dai loro formaggi.
Per citare solo gli ultimi: 7 medaglie al World Cheese Awards a Bergen in Norvegia, nel novembre del 2018, di cui due Super Gold (il riconoscimento più prestigioso) e un premio come migliore azienda Italiana in concorso
Come spesso accade, uno dei principali punti di forza dei formaggi dei Fiorini è la materia prima: il latte proviene esclusivamente dalla Maremma, da allevamenti locali selezionati.
Una cinquantina di produttori, quasi tutti situati in provincia di Grosseto, con una media di 250-400 pecore in lattazione. Roccalbegna, Saturnia, Semproniano, Scansano, Arcidosso, Cinigiano, Campagnatico e Grosseto; luoghi vocati alla tradizione agricola già in epoca etrusca, e dove fortunatamente ancora oggi, grazie a questo, è stato mantenuto pressoché intatto il paesaggio collinare.
Il latte viene raccolto tutti i giorni con mezzi di proprietà e portato in caseificio dove inizia la lavorazione.Dopo un’analisi interna, viene definito il tipo di formaggio da realizzare in base alle caratteristiche del latte.
Il caseificio lavora in media 120-130 quintali di latte al giorno, la produzione più importante avviene tra marzo e luglio, nel rispetto della stagionalità del ciclo di lattazione delle pecore
La salatura viene fatta a a secco, con sale di Volterra, rigorosamente a mano, come ogni altra operazione: lavaggio, spazzolatura, giratura.
I formaggi passano i primi 15-20 giorni di vita in una prima cella di maturazione, dove vengono girati settimanalmente, per favorire l’uscita dell’umidità e la regolare formazione della crosta.
Passano quindi in una seconda cella, dove vengono lavati e messi a stagionare su tavole di legno. Infine, una volta raggiunta la stagionatura desiderata, vengono spazzolati e trasferiti nelle casse di plastica in una terza cella di maturazione, dove restano fino alla spedizione.
Fanno eccezione tre formaggi: Riserva del Fondatore, Cacio di Caterina e Grotta del Fiorini, che dopo 3-4 mesi di maturazione in cella vengono trasferiti in grotta per l’affinamento. Fiore all’occhiello de Il Fiorino, sono tutti “numerati”. Del pecorino Riserva del Fondatore, ad esempio, nel 2018 sono state prodotte 5.400 forme, 4.300 finora nel 2019
Formaggio creato da Angela e Simone e dedicato a Duilio Fiorini, il pecorino Riserva del Fondatore è un riconoscimento al papà di Angela per aver lasciato loro la gestione di questa prestigiosa realtà.
Formaggio per antonomasia del caseificio, uno dei prodotti più premiati e apprezzati dell’azienda, viene prodotto con latte ovino pastorizzato e affinato in grotta almeno cinque mesi.
La visita alla grotta ci offre però l’opportunità di assaggiare altri due formaggi stagionati nelle cantine naturali della famiglia.
Il primo che assaggiamo è il Pecorino Grotta del Fiorini, un cacio della tradizione contadina toscana, ma con una personalità spiccata che solo un lungo affinamento in grotta a temperatura e aereazione naturale possono donare.
La crosta presenta delle muffe bianco-grigie dovute alla stagionatura, la pasta è compatto ma solubile, con un’occhiatura minuscola ben distribuita. Il sapore è dolce, con note vegetali e di cantina, lungo e persistente.
Ma il formaggio che più mi incuriosisce è “il cacio delle donne”: il Cacio di Caterina, omaggio a Caterina Pandolfi, moglie di Ferrero e madre del fondatore de “Il Fiorino”, ma omaggio anche alla tradizione toscana e alla sua antica arte casearia al femminile. In Toscana infatti erano le donne a fare il formaggio davanti al focolare “a vegliatura”, con il latte appena munto e ancora fragrante.
E proprio il Cacio di Caterina è il formaggio che prendono in mano Sofia e Valentina quando chiediamo loro di fare una foto nella grotta. La prossima generazione di donne de Il Fiorino, sotto la guida silenziosa ma attenta di mamma Angela. Parla poco Angela, lascia che sia Simone a farci da guida, ma nei gesti e nelle parole si percepisce un legame vivo e intenso con la famiglia, il caseificio, il territorio: tanti fili di un’unica tessitura.
E’ bello scoprire, nella chiacchierata con Angela, che Il Fiorino è stato premiato da Legambiente come una delle 100 esperienze virtuose del Paese per la capacità di innovazione e sviluppo sostenibile, grazie all’impianto fotovoltaico, il depuratore e altri interventi orientati all’autoproduzione secondo il modello dell’economia circolare
“La nostra passione è fare formaggi” - ci dice Angela. “Ogni giorno lavoriamo mettendoci il cuore, la professionalità e un bagaglio di esperienza che arriva da molto lontano. Far crescere Il Fiorino significa anche migliorare il territorio nel quale lavoriamo e viviamo. Non si tratta soltanto di ottimizzare dei costi o di una generica sensibilità verso i temi ambientali.
Siamo convinti che per fare prodotti di eccellenza occorra vivere in un territorio di eccellenza. E noi, nel nostro piccolo e per quanto possibile, continueremo a farlo”.
Ne è testimonianza anche la scelta di restare a Roccalbegna, sia con la famiglia che con il caseificio, nonostante la possibilità di trasferirsi in città: un comune di 970 abitanti - nella classe di Sofia ci sono solo due bambini - una scelta affettiva per certi versi, coraggiosa per altri, che contribuisce a mantenere vivo uno dei tanti piccoli borghi del nostro Paese che si stanno spopolando.
Concludiamo la visita nel garage di casa Fiorini: non potevamo partire senza vedere la nuova moto di Simone, regalo che gli ha fatto Angela per il suo cinquantesimo compleanno. “Così ogni tanto si lascia le bimbe ai nonni e io e Angela andiamo a farci un giro sulle colline” - mi fa l’occhiolino Simone.
Che dire? Da una bella famiglia, in un bel posto, non possono che nascere dei bei formaggi.
Martina Iseppon
Responsabile Marketing