Le “colonne greche” di maiale grigliato del gyros segnano l’inizio dell’Europa dal lato del Mediterraneo. Sul versante opposto del Bosforo, lo spiedone verticale rotante di doner kebab traccia il confine con l’Asia e il limite di espansione verso l’Occidente cristiano del mondo islamico
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ALL'ESTREMITA' ORIENTALE DEL MAR MEDITERRANEO
Il nostro viaggio nelle tradizioni gastronomiche e nelle cucine del Mediterraneo si conclude con questa ultima tappa, all’estremità orientale del Mare Nostrum, punto di congiunzione fra due continenti.
E’ in quest’area del Mediterraneo che, nel corso dei secoli, si sono incontrate e mescolate alcune tra le culture gastronomiche delle più antiche civiltà, dalla greca a quella fenicia passando per la persiana, dall’antica Roma alle invasioni mongole, prima dell’avvento dell’Impero Ottomano.
Qui, più che in ogni altro angolo del “Continente liquido”, avvennero alcuni degli scambi più significativi che fondarono l’identità della cucina mediterranea.
Molti degli ingredienti e dei piatti che ancora oggi usiamo e cuciniamo, infatti, hanno avuto origine nella Mezzaluna fertile, in Mesopotamia, per diventare nel tempo un patrimonio condiviso e diffuso, pur nelle sue molteplici declinazioni e sfaccettature.L'EREDITA' DI GENGIS KHAN...
Difficilmente troverete scritto in qualche libro di storia del cibo che la cucina mediterranea ha ereditato anche tradizioni che sono arrivate a noi per merito di Gengis Khan e delle sue tribù, eppure è così.
Volete un esempio? Eccolo servito: la tartara, la celeberrima “battuta” al coltello di carne bovina, che ci ricorda proprio nell’etimo l’origine centroasiatica di questa delizia.
Per rendersene conto basta visitare una delle tante macellerie d’Istanbul, dove si preparano ancora oggi specialità come il çiğ köfte, la deliziosa carne battuta sul ceppo di legno con due mannaie, insaporita con aromi e spezie, che ci riporta alle origini tatare della tartare.
Per non parlare dei ravioli manti, dumplings di farina di grano farciti di carne, serviti con salsa di yogurt, anch’essi di origine mongola. Popoli nomadi e guerrieri, i Mongoli usavano gli strumenti della guerra per cucinare. Gli elmi, ripuliti e sistemati tra le pietre su un braciere, si trasformavano in hot pot per preparare le zuppe, la marmitta mongola. Gli scudi metallici, posizionati sulle braci in posizione convessa servivano per cucinare i pani, come si fa ancora oggi in Anatolia con il gözleme, mentre dal lato convesso erano perfetti per saltare e stufare, come un wok cinese.
Financo le lame delle spade diventavano lunghi spiedi, per grigliare su braci ardenti bocconcini di carni marinate (shish kebab) o mix di carni tritate (adana kebab).... E QUELLA TURCO-OTTOMANA
Dalla dissoluzione dell’Impero Mongolo nascerà la stirpe turca di origine uralo-altaica che, conquistando sempre nuovi territori, getterà le fondamenta dell’Impero Ottomano. Nell’epoca di massima espansione la dimora dei sultani, il Topkapi, si trasformerà in una forma embrionale di Università di Scienze Gastronomiche, raccogliendo nella sua biblioteca una quantità sconfinata di documenti e ricettari culinari.
I turchi porteranno con sé un concetto simile a quello cinese di cucina imperiale, sviluppando la cucina di Palazzo o Saray cuisine. Per rendere sempre più ricchi i banchetti dei sultani, l’arte del ricevere a palazzo saprà fare tesoro di tutti i migliori ingredienti e cibi dell’Impero.
Come per gli imperatori cinesi, anche il banchetto ottomano o mezé prevede l’utilizzo di quelle che potremmo definire oggi come le DOCG e le IGP dei territori occupati dell’epoca.
La figura dello chef di palazzo assumerà un ruolo rilevante per garantire circa 30.000 pasti al giorno, indispensabili per l’intensa attività diplomatica.
Nel tentativo di prevenire l’avvelenamento dei sultani attraverso il cibo, si svilupperanno tecniche ispettive gusto-olfattive che ritroveremo nell’analisi sensoriale moderna del vino. Istanbul diventerà così un polo d’eccellenza gastronomica: dalla cucina turca si svilupperà quella ottomana, che si arricchirà col tempo di tutti gli apporti in termini d’ingredienti, tecniche, piatti dei territori e dei popoli sottomessi: greci, slavi, levantini, persiani, romani e di tutte le minoranze: kurdi, armeni, circassi...
FINO ALLE COSTE DELL'ITALIA
L’infittirsi degli scambi commerciali con le Repubbliche Marinare farà dono a Venezia del khave o caffé, ad Amalfi, pare, del kashcaval, ovvero del formaggio (kash in persiano) della città di Kavala (oggi in Macedonia), a Genova della salsa di noci per condire i pansotti liguri, secondo alcuni una rivisitazione della salsa tarator.
Molte delle specialità del banchetto dei sultani diventeranno patrimonio diffuso di tutto il Mediterraneo orientale, dal Sud dell’ex Jugoslavia fino al Nord Africa, passando per il Medio-Oriente. Viaggiando in tutti questi Paesi è ben identificabile quel fil rouge che lega i piatti e l’arte del ricevere di questo spicchio di Mediterraneo “GourMed”, considerato tra le migliori forme espressive delle diverse cucine mediterranee.
Vittorio Castellani
Giornalista 'gastronomade'