“Ci hanno considerato eversivi perché ci siamo opposti a mangimi e fermenti: volevamo che le nostre vacche in alpeggio continuassero a mangiare erba fresca. Non ti sembra paradossale?”
A parlare è Paolo Ciapparelli, noto come “il ribelle del Bitto”, ora a capo del Presidio Slow Food dello Storico Ribelle. Per salvaguardare l’antico metodo di produzione del Bitto, tradizionale formaggio valtellinese prodotto tra le Valli di Albaredo e Gerola, ci voleva proprio uno come lui: integralista, anarchico e senza peli sulla lingua. E chi meglio di lui avrebbe potuto raccontare la storia di questo formaggio, che ha dovuto cambiare tre volte nome per mantenere la propria integrità?
Per il vostro formaggio avete scelto un nome forte. Perché Storico Ribelle?
Mi hanno obbligato tre volte a cambiare nome. All’inizio si chiamava semplicemente Bitto, e fino a 20 anni fa non ce n’era al di fuori del nostro. Poi c’è stato un cambiamento nei disciplinari di produzione della DOP, l’area di produzione è stata allargata ed è stato concesso l’uso di mangimi e fermenti. Ciò ha stravolto la nostra storia, perciò insieme a 13 alpeggi abbiamo deciso di costituirci in Consorzio autonomo e di cambiare nome, grazie all’intervento di Slow Food, in Bitto Storico. Ma anche questo nome non andava bene per le nostre istituzioni, perciò abbiamo fatto il passo decisivo: oggi ci chiamiamo “Storico Ribelle”, perché vogliamo difendere un pezzo di storia.
Quali sono le caratteristiche distintive dello Storico Ribelle?
Lo produciamo solo nei mesi estivi, con le vacche che si nutrono di erba d’alpeggio e vengono munte a mano. Non usiamo fermenti e lavoriamo il latte a caldo, entro 30 minuti dalla mungitura. Ci aggiungiamo un 10% circa di latte caprino, che per noi è un obbligo. Il sistema di pascolo è turnato e a stazioni: si parte dalle più basse, a 1500 metri, per poi salire oltre i duemila. Per lavorare il latte a caldo usiamo una baita a metà percorso oppure i calécc, storiche “baite itineranti”. Certo è una produzione che richiede fatica, ma sappiamo che mantenendo l’unicità del passato il valore aggiunto è enorme e il territorio ci guadagna.
Lo Storico Ribelle è stato inserito nella lista dei presidi Slow Food. Quando è accaduto e come vi ha cambiato la vita?
Nel 2003, quando era già da otto anni che stavamo difendendo questa storia. Slow Food mi ha contattato in concomitanza con l’allargamento della DOP. Mi hanno spiegato di essere impegnati nella difesa delle produzioni storiche. Sono venuti qui, hanno raccolto informazioni e hanno girato dei filmati per raccontare la nostra storia: quei video hanno fatto il giro del mondo e ci hanno fatto conoscere anche all’estero.
Quante forme all’anno producete?
Ne produciamo circa 1500-2000. Si comprende dai numeri che non lo facciamo per lucro, ma per salvare una produzione locale. C’è chi l’ha capito e ci sostiene, anche se il nostro formaggio costa il doppio.
Avete fatto la scelta di pagare ai produttori un prezzo al di sopra del valore medio di mercato. Perché?
Ho convinto i miei soci a chiedere loro qualie fosse il prezzo corretto per continuare con la produzione manuale e artigianale: era il doppio rispetto a quello che pagavano gli altri. E noi abbiamo deciso di starci, e su quella base stabilire il prezzo di vendita. All’inizio tutti pensavano fosse una pazzia, invece si è rivelata una felice intuizione.
Quanti sono attualmente i caricatori d’alpe e i casari che fanno riferimento al consorzio?
Purtroppo questo è il punto dolente. Ho perso di recente quattro produttori e siamo passati da 12 a otto. Per fortuna si sono avvicinati al nostro consorzio quattro nuovi ragazzi con alpeggi: hanno poche bestie, ma è un bel segnale e abbiamo tutte le intenzioni di supportarli con le nostre conoscenze e idee.
Cos’è la vostra banca del formaggio e che annate riunisce?
Lo Storico Ribelle è noto da sempre per la sua straordinaria capacità d’invecchiare bene, anche fino ai dieci anni. Così abbiamo deciso di puntare su questa caratteristica, iniziando a stagionare ogni anno alcune forme ed evidenziandone l’unicità con dediche realizzate con inchiostro di mirtillo. Chi l’ha detto che la verticale si fa solo con i vini?
Ci dà qualche consiglio per l’abbinamento?
Lo Storico Ribelle è un formaggio dai sapori importanti e va degustato in purezza, accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso o da una birra particolare se molto stagionato, da delle bollicine se più giovane.
Giulia Basso