Paolo, il norcino di Casa Cason, spiega così la scelta di rinunciare ai conservanti alimentari fatta da questa piccola azienda veneta sita a San Pietro in Gù (PD) e specializzata nella produzione di salumi della tradizione regionale. Siamo all’estremità della provincia di Padova, in un piccolo borgo vicino a Vicenza: in quelle campagne, poco più di sessant’anni fa, il nonno di Paolo iniziò ad allevare maiali, per poi trasformarli in salami e sopresse da regalare agli amici. All’epoca per conservare i salumi si utilizzavano soltanto sale e pepe e oggi per Casa Cason, come ci racconta Paolo in quest’intervista, funziona ancora così: ricette e metodi della tradizione, niente conservanti, utilizzo di budelli naturali e procedimenti di asciugatura e stagionatura come quelli di un tempo, filiera cortissima.
Come e quando è nata l’avventura di Casa Cason?
E’ partita nel 1956, con l’idea di mio padre e mio nonno di dare vita a un allevamento di suini che seguiva, fin da allora, il disciplinare del prosciutto di Parma e San Daniele. All’inizio furono solo allevatori: avevano circa 700 maiali, suini ibridi nazionali, che poi consegnavano al macello. Ma la tradizione veneta insegnava ad ammazzare e trasformare il maiale in casa, perciò cominciarono a farlo anche loro, inizialmente soltanto per il consumo familiare e per fare qualche regalo ad amici e parenti. Proprio da mio nonno imparai l’arte del “massoin”, termine dialettale veneto che sta per “norcino”. In anni più recenti ci siamo resi conto che il nostro prodotto era di ottima qualità e che valeva la pena aprirci al pubblico: perciò abbiamo allestito un moderno laboratorio, accreditato con bollo CE, a pochi passi dalla stalla. Oggi la nostra azienda rimane a conduzione familiare: in laboratorio lavoriamo io e mia mamma, con qualche aiutante in più nei giorni della macellazione. Mio fratello Stefano, che è appassionato di computer, si occupa della vendita online, del nostro sito internet e della pagina Facebook. Mio fratello Giacomo invece quando può mi dà una mano in laboratorio o in campagna.
Quali sono le peculiarità della vostra produzione?
Oggi produciamo i nostri salumi con il 90% dei nostri maiali e se abbiamo bisogno di macellarne di più ci riforniamo da un’azienda che lavora come noi. Il nostro allevamento si trova a pochi metri dal laboratorio e l’unico viaggio che fanno i maiali è per andare al macello e tornare a casa. In più ci atteniamo scrupolosamente alla tradizione veneta: per conservare i nostri salumi non usiamo nient’altro che sale e pepe.
Che vantaggi offre una filiera corta come la vostra?
La filiera corta ci garantisce sicurezza alimentare e rintracciabilità: per ogni sopressa so dire da che maiale viene, so come l’ho cresciuto e nutrito. In questo modo sono certo della bontà del prodotto.
Quanti maiali avete nelle vostre stalle e come li allevate?
Abbiamo mediamente sui 200 capi: così hanno più spazio a disposizione e vivono più tranquilli, non subendo lo stress dato da un’eccessiva densità. Li nutriamo con una miscela di mais, soia, crusca e un po’ d’orzo e sali minerali per integrare la dieta. Le percentuali variano a seconda dell’età: il mais viene dato in piccola quantità ai maiali più giovani e in maggior quantità a quelli più vecchi, perché serve per chiudere il ciclo e mettere su quella parte di grasso che rende l’insaccato dolce, saporito e morbido.
Come avviene la lavorazione e la stagionatura delle carni?
La lavorazione delle carni avviene a caldo: ciò ci permette di rendere l’impasto più omogeneo. Una caratteristica che si nota subito tagliando una fetta del nostro salame o della nostra sopressa è che parte grassa e parte magra si integrano in modo uniforme. Nelle carni lavorate a freddo invece le due parti sono nettamente distinte. Si passa poi all’insaccamento in budello naturale, cui aggiungiamo solo un po’ di spago per i salami e un po’ di rete per la sopressa, per farla restare più compatta alla vista. Quindi c’è la fase di asciugatura, che nel nostro caso dura cinque sei giorni e viene effettuata in una cella, con un macchinario che imita il funzionamento delle stufe di una volta: durante il giorno pompa aria calda e secca per far asciugare e ridurre l’umidità dell’insaccato, di sera invece si ferma per lasciarlo riposare la notte. Quindi si passa alla stagionatura, che segue i principi della tradizionale cantina dove i salumi un tempo venivano riposti: pareti fredde, temperatura omogenea e ricicli d’aria per evitare muffe al prodotto. Il periodo di stagionatura è molto lungo, perché riproduce i sistemi di una volta, e varia in base alla pezzatura: si va dal salame, che richiede un minimo di 60 giorni alla sopressa, che deve stagionare almeno cinque mesi.
Producete salumi senza l’uso di conservanti, aggiungendo alla carne solo pepe e sale. E anche i budelli che utilizzate sono naturali. Qual è il vantaggio di questo modo di operare e come riuscite a mantenere intatti morbidezza e gusto dei vostri insaccati, anche se molto stagionati?
La scelta di usare solo sale e pepe nei nostri salumi, pur rispettando tutti i dettami di sicurezza alimentare, ci è possibile soltanto perché gestiamo la filiera dall’inizio alla fine e con grande attenzione ai dettagli: dei maiali che lavoriamo conosciamo tutte le caratteristiche, li abbiamo allevati noi. L’assenza di conservanti e l’utilizzo del budello naturale garantisce salumi privi di sostanze artificiali di qualsiasi genere e ci distingue nettamente dall’industria, dove non sarebbe possibile operare in questo modo senza compromettere la sicurezza del prodotto. Visto che allergie e intolleranze sono in aumento, il vantaggio è anche per i nostri clienti, che trovano solo ingredienti naturali nei nostri prodotti.
C’è qualche accorgimento da seguire per conservare al meglio i vostri insaccati?
Essendo privi di conservanti conviene tenerli lontani da fonti di luce e calore, da ventole che li possano seccare. Conviene esporli il meno possibile all’aria, che rende la prima fetta più scura per il naturale processo di ossidazione. Per preservare al meglio le loro caratteristiche una volta aperti conviene metterli sottovuoto.
Avete deciso di puntare sui salumi classici della tradizione veneta, con qualche piccola sperimentazione come il salame del vecchio Joe, aromatizzato con santoreggia. Da dove nasce quest’idea?
I nostri clienti prediligono i sapori classici, ma qualche piccola sperimentazione abbiamo voluto farla anche noi, per offrire un gusto un po’ diverso. Perciò abbiamo inventato il salame del vecchio Joe, in onore di mio papà Giovanni, che ha sempre amato ridere e scherzare e con cui abbiamo portato avanti questo esperimento. Da lì è nata la nostra linea alla santoreggia, che per la messa a punto, con una ricetta che ci soddisfacesse, ha richiesto mesi. Per realizzarla usiamo le foglioline intere, che così conservano i loro oli essenziali: la santoreggia è nota per le sue proprietà digestive.
C’è qualche abbinamento che consiglierebbe con i vostri salumi?
Nel caso del salame del vecchio Joe un’idea insolita l’ha avuta una pizzeria di Asiago, che lo propone, insieme alle patate, per una pizza fuori dal comune e molto saporita. Ma i nostri insaccati stanno benissimo anche nel classico panino, o nel pane toscano per chi deve limitare il sale. E sono un cibo genuino per i bambini: invece di una merendina con conservanti suggerirei un bel panino con la sopressa.
Giulia Basso
Giornalista e Direttore di Selezione di Sapori