LA CONOSCIAMO COME 'LA MAREMMANA', MA L'AZIENDA AGRICOLA DELLA FAMIGLIA PALLINI HA DUE SEDI, ENTRAMBE IN MAREMMA: IL 'CASEIFICIO INNO AL SOLE', DOVE SI TROVA LA STALLA DELLE BUFALE IN LATTAZIONE, VICINO A GROSSETO, E LA SOCIETÀ AGRICOLA IL 'DIACCIALONE', PIÙ A SUD, VERSO CAPALBIO
Siamo nel paddock, un po’ tesi: l’erba alta, il terreno fangoso per le piogge dei giorni scorsi, le ghette che rendono difficoltosi i movimenti, il recinto troppo distante per riuscire a scappare. Guido ci avvisa: “Sto aprendo il recinto”. E in un attimo la tensione diventa terrore: la mandria si lancia, correndo a una velocità impensabile per animali così grandi, verso l’erba, passando a pochi metri da noi.
Si inseguono al galoppo, rotolano nel fango, sradicano l’erba con le corna adornandosi di buffe parrucche. Una bufala si avvicina minacciosa, osservandoci con uno sguardo fiero. Mi sposto istintivamente dietro Alessandro. Guido sorride: “Sono solo curiose, e felici di poter stare per un po’ al pascolo e rotolarsi nelle pozze. Sono Bubalus Bubalis, bufali d’acqua: qualche anno fa, a Capalbio, si è rotto un recinto e me ne sono trovato una decina nella piscina di casa!”
La nostra visita inizia a Principina Terra, Grosseto, dove si trova una delle due stalle dell’azienda agricola La Maremmana: qui vivono i vitelli e le bufale in lattazione, 400 capi. A pochi metri dalla stalla si trova anche il caseificio Inno Al Sole, sempre di proprietà della famiglia Pallini.
La distanza tra la stalla e il caseificio è quella di una passeggiata, lungo i campi dove vengono coltivati i cereali destinati all’alimentazione delle bufale, costeggiando l’impianto di biogas, che trasforma i reflui della stalla in energia e digestato, utilizzato per fertilizzare i terreni: 300 ettari, di cui la metà dedicata a coltivazioni per l’allevamento, principalmente orzo, fieno e mais, trattati con la pratica della semina su sodo, per preservare la biodiversità dei terreni e ridurre l’impatto ambientale dei macchinari.
Il caseificio è stato creato nel 2013 ristrutturando un vecchio casale: in effetti è come stare in un labirinto, dietro ogni porta si nasconde una piccola cella, ogni spazio ottimizzato in funzione delle esigenze produttive. “O si chiudeva tutto o si creava valore aggiunto”, così commenta Guido la scelta di lasciare Londra e il mondo della finanza, dove aveva iniziato la sua carriera in una banca giapponese, per tornare alla sua terra e prendere in mano l’azienda di famiglia.
Oggi tutto il latte prodotto dalla stalla viene trasformato: era questo l’obiettivo di Guido quando è entrato in azienda, una scelta che rende le filiere chiuse più sostenibili economicamente, rispetto agli allevamenti che vendono il latte. Resta sempre il problema dell’eccesso di latte invernale: le bufale sono dispettose, producono più latte d’inverno quando la richiesta di mercato è bassa, e molto meno d’estate quando la domanda aumenta.
Qui le bufale producono in media 8-10 litri di latte al giorno per animale, con un range che va da 1500 a 2800 litri di latte al giorno a seconda del ciclo di lattazione.
“Da noi il latte in eccesso viene in parte utilizzato per produrre il Francescano, in parte congelato in buste da 3 kg e riutilizzato d’estate in piccole proporzioni (30%) quando la produzione cala. Questo ci consente di utilizzare solo il latte della nostra azienda senza influire sul risultato del prodotto estivo, la differenza è davvero impercettibile”.
Arriviamo in caseificio giusto in tempo per vedere la filatura della mozzarella. La lavorazione inizia alle 4 del mattino: il latte – rigorosamente crudo - viene riscaldato, quindi vengono aggiunti prima il siero innesto – prodotto in azienda dal siero di filatura del giorno precedente, con una fermentazione controllata - e poi il caglio.
La filatura inizia verso le 8, perché la cagliata deve maturare almeno 4 ore. È affascinante vedere come la massa informe e gommosa della cagliata diventi in pochi minuti una materia lucida e liscia, che nelle mani del casaro prende mille forme. La formatura della treccia, in particolare, mi lascia senza parole: le mani nell’acqua bollente, l’abilità e la velocità di Rosario, il casaro, nel creare in pochi istanti delle trecce sempre uguali sono straordinarie.
Ma anche la precisione con cui, a mano, con l'ausilio di una macchina che inserisce la farcitura di panna e sfilacci, riempie le palline di pasta filata, per creare le burratine. Il raffreddamento in vasca subito dopo la formatura è una fase molto importante nella lavorazione della mozzarella: lo shock termico permette infatti la creazione della pelle esterna e della texture, se non si raffredda bene poi tende a “sbucciarsi”.
Un altro aspetto critico è la “salsetta”, un mix di acqua sale, acido lattico e siero, aggiunto all’acqua in una percentuale stabilita per creare il liquido di governo dove sono conservate le mozzarelle, che contribuisce a dare sapore alla mozzarella. In caseificio lavorano 10 persone, che diventano 15, a volte anche 18 d’estate. “Caciocavallo, scamorze, stracchino, yogurt, muffettati, sono prodotti una volta a settimana, il Francescano in questo periodo 2 volte a settimana. Mozzarelle e burrate tutti i giorni, ma abbiamo scelto di lavorare dal lunedì al sabato per lasciare un giorno di riposo ai ragazzi”.
Il concetto di responsabilità sociale traspare in tutte le scelte aziendali: da come vengono gestiti i campi al benessere animale, dalla gestione del personale alla produzione di energia rinnovabile. Rispetto, etica, trasparenza: non sono solo parole ma scelte concrete che abbiamo la possibilità di vedere, letteralmente, sul campo.
Facciamo una pausa caffè allo spaccio aziendale: una vetrata permette di vedere la sala di lavorazione del caseificio, mentre sui tavoli esterni dove si può fare colazione - pane ricotta e marmellata – assaporando la pace, il silenzio, i profumi, che la natura esuberante della Maremma sa regalare.
Da Grosseto scendiamo verso sud, lasciamo alle nostre spalle l’Argentario, Orbetello, Capalbio, e ci addentriamo nelle colline dell’entroterra: 5 km di strada sterrata in mezzo ai boschi, senza segnale GPS, per raggiungere la Società Agricola Diaccialone dove si trova la seconda stalla, dedicata alla rimonta: i vitelli vengono portati qui quando hanno circa 6 mesi, e ci restano fino ai 2 anni di età.
Le bufale verranno poi ritrasferite a Principina Terra un paio di mesi prima del parto, dopo il quale potranno “entrare in produzione”. Al Diaccialone la famiglia Pallini ha altre 150 bufale, ma anche una settantina di capi di razza Maremmana, 400 ettari bosco, 100 ettari di seminativo, 120 ettari di paddock. “Qui è nato il nostro allevamento di bufale”.
Il papà di Guido ha sempre avuto la passione per l’allevamento: prima di cavalli da corsa, poi di Maremmane da carne, infine le bufale: un animale più rustico, che si poteva adattare all’ambiente della Maremma. "Ma arrivare al Diaccialone era complicato per il camion del latte, quindi abbiamo creato una seconda stalla per le bufale in lattazione vicino al caseificio".
Uno dei parametri importanti del benessere animale è la longevità: "L'età media delle bufale nella nostra stalla è di 8 anni, ci sono animali di tre anni ma anche di 17! E alle mostre le nostre bufale sono spesso le più indisciplinate, perché sono abituate a stare fuori”. Questo non serviva dirlo, ci ricorderemo per un bel po’ l’emozione di vederle entrare scatenate nel paddock!
Siamo fortunati, è una giornata spettacolare, la natura mette in scena colori di un’intensità memorabile: il cielo azzurro a contrasto con la terra rossa, argillosa, con il profilo nero delle bufale sulla cima, il verde dei boschi che si stanno risvegliando per la primavera, distese di margherite sui prati. Pranziamo nel casale adiacente all’allevamento ristrutturato di recente, dove vive Guido con la sua famiglia.
Siamo, come sempre, in ritardo rispetto alla nostra tabella di marcia, ma non possiamo lasciare il Diaccialone senza andare nel bosco a vedere le Maremmane. Incontriamo Mario, il buttero, e sua figlia Marcella, che sta imparando il mestiere dal papà: assieme gestiscono a cavallo la mandria di Maremmane, allevate allo stato brado nei boschi della tenuta: il Diaccialone è una delle poche aziende che ancora mantiene viva questa antica tradizione toscana.
Nel recinto due tori, Maciste e Infermiere: sono impressionanti, sia per la stazza che si avvicina alla tonnellata, ma anche per la dimensione delle corna, che li fanno sembrare quasi degli animali preistorici. Guido ci fa salire su un furgoncino vissuto e ci addentriamo nello sterrato che porta al crinale dove si sono raggruppate alcune Maremmane con i vitellini. Hanno scelto una radura con vista panoramica sulla Maremma.
In fondo, offuscato da una leggera foschia, il Tirreno. Le Maremmane ci osservano per un po’ con curiosità, poi si allontano trotterellando, libere. Ci sono emozioni che non si possono perdere, pazienza per il ritardo. “Meglio un rimorso che un rimpianto”, diceva Oscar Wilde.