Salmone selvaggio o di allevamento? Come distinguerlo? Come tagliarlo? Come conservarlo?
Si fa presto a dire Salmone, soprattutto nel periodo delle feste natalizie quando la richiesta si impenna e la scelta si fa molto ampia: chissà poi perché ne siamo così attratti, magari per il colore brillante o il gusto avvolgente, fatto sta che proprio non ne possiamo fare a meno.
Per non parlare poi della sensazione che rappresenti qualcosa di prezioso (al di là dell’aspetto economico): alzi la mano chi non ha mai regalato una baffa di salmone a un cliente importante o a una persona speciale per dimostrare la propria gratitudine o il proprio affetto.
Soprattutto se si parla di salmone selvaggio, la sensazione di rarità e ricercatezza è ancora maggiore.
Basti pensare alla diminuzione dei quantitativi di pescato a cui stiamo assistendo in questi anni: la sensibile riduzione degli stock di salmone selvaggio nell’Oceano Pacifico così come le pezzature più piccole sono un chiaro segnale che l’ecosistema marino non se la sta passando bene e che sicuramente nel futuro dovremo trovare una soluzione nell’acquacoltura responsabile.
Quindi, quando ci approcciamo al salmone dobbiamo assolutamente trattarlo con rispetto e assicurarci, per quanto possibile, che lo abbiano fatto anche gli attori che lo hanno trasformato lungo la filiera
Grazie all’aiuto di Mauro Pighin di Friultrota, impariamo quindi a distinguere un buon salmone e a capirne l’anatomia, così da bandire per sempre i tagli barbarici e avvicinarci alle diverse tecniche di taglio.
1 | SELVAGGIO O DI ALLEVAMENTO?
Per chi non è del mestiere, è difficile distinguere a occhio nudo una baffa di selvaggio da una di salmone di allevamento se non grazie alla maggiore presenza di grasso in quest’ultimo.
Qualche produttore preferisce lasciare la caratteristica mandibola a uncino così che non ci siano dubbi in merito alla natura selvaggia dell’esemplare, ma tale scelta comporta un maggiore scarto per chi l’acquista.
Mauro ci dice che in Friultrota preferiscono non tenerla e anzi rifilare al meglio la baffa così da raggiungere una percentuale di scarto del solo 10% del peso della baffa (corrispondente praticamente solo alla pelle)
Quindi, per avere certezza sull’origine affidiamoci piuttosto all’etichetta! Le informazioni più importanti per questo scopo sono:
· nome scientifico e tipologia: i selvaggi fanno parte in prevalenza del genere Oncorhynchus diffuso dell’Oceano Pacifico e riconducibile a cinque specie (Red King, Chum, Coho, Sockeye, Pink); i salmoni di allevamento sono invece in prevalenza del genere Salmo Salar diffuso nell’Atlantico
· metodo di produzione: se pescato o di allevamento
· zona di pesca/allevamento: i salmoni selvaggi vengono pescati nella parte settentrionale dell’Oceano Pacifico, mentre gli allevamenti di salmone atlantico sono situati principalmente in Norvegia, Scozia e Irlanda
· tipo di pesca: la pesca all’amo è determinante per la qualità del prodotto finale e con questa tecnica vengono pescati Red King e Coho. Il Sockeye invece è piuttosto furbo e difficilmente abbocca, quindi in generale viene pescato con le reti, ma il più possibile vicino alla costa così da accorciare i tempi tra la pesca e la prima lavorazione
· contenuto di grasso: nel salmone selvaggio si aggira in media tra i 3-7 g per 100 g di prodotto contro gli 8-12 g per un salmone di allevamento di buona qualità. Attenzione, se supera i 12 g è da considerarsi un prodotto mediocre
ANATOMIA DELLA BAFFA DI SALMONE
· tipo di affumicatura: per una materia prima come il salmone ci aspettiamo che si seguano i crismi della tecnica tradizionale.
Assicuriamoci perciò che sia fatta a freddo; significa che il salmone viene esposto per alcuni giorni al fumo di trucioli di legno (eventualmente anche di bacche ed erbe aromatiche) bruciati senza fiamma, in un ambiente con temperatura non superiore ai 25 °C.
Un’affumicatura lenta che sublima la bontà della materia prima
Attenzione: se il salmone è stato affumicato invece con fumo liquido, tra gli ingredienti in etichetta individuerete anche ”aroma di fumo”.
2 | LE PARTI ANATOMICHE DELLA BAFFA
Non esistono regole universali nella definizione delle diverse parti, ma in generale ne possiamo distinguere cinque:
· coda: la parte più stretta della baffa, si distingue per la linea centrale di grasso un po’ più spessa, ideale per un trito
· secondo taglio: la parte della coda più vicina al filetto, seppure più versatile della coda, anche questa è particolarmente indicata per i triti
· filetto dorsale (o superiore): la parte più pregiata, con il maggiore rapporto tra grassi e carne, ideale gustato in purezza affettato a fette un po’ più spesse
· filetto: anche questa parte è perfetta gustata in purezza, a fette sottili, rispetto a quello dorsale ha un pari bilanciamento tra parte grassa e magra
· ventre: la parte più sottile di tutta la baffa, molto saporita e con il più alto contenuto di Omega 3, perfetta per fare delle strisce o delle listarelle, oppure affettata molto finemente
3 | LE TECNICHE DI TAGLIO
Anche per il taglio non esistono delle regole accademiche ma possiamo identificare quattro tecniche principali:
· D cut: il taglio classico in fette molto sottili, leggermente oblique e che comprendono tutta la larghezza della baffa; il segreto per accertarsi di tagliare una fetta sottile è quello di controllare durante il taglio che la lama del coltello sia visibile attraverso la carne.Un taglio che assicura una costante proporzione tra esterno e cuore, ideale per la degustazione in purezza o su un crostino; il taglio tipico della baffa preaffettata (foto 1)
· Fetta lunga: una tecnica che richiede un po’ di esperienza perché prevede il taglio di una fetta sottile e uniforme che segua tutta la lunghezza della baffa. Particolarmente indicato e versatile per le preparazioni in cucina
· Taglio verticale: a partire dal solo filetto dorsale grazie ad un taglio verticale si ottengono delle fette spesse circa 4 mm. Un taglio indicato solo per la parte anatomica più prelibata perché permette di assaporarla godendo al meglio della sua morbidezza e succulenza (foto 2)
· Tartare: la tecnica meno scenografica, ma sicuramente che permette una presentazione sul piatto molto invitante; i cubetti si ottengo tagliando la baffa a piccole strisce che poi vengono ridotte ulteriormente in cubetti (foto 3)
4 | LA CONSERVAZIONE
Se una volta aperto avanzate del salmone affumicato potete conservarlo in frigo tra 0 e 4 °C per un paio di giorni coperto con della pellicola. Attenzione agli sbalzi di temperatura che rovinerebbero il gusto e la consistenza!
4 | LA CONSERVAZIONE
Se una volta aperto avanzate del salmone affumicato potete conservarlo in frigo tra 0 e 4 °C per un paio di giorni coperto con della pellicola. Attenzione agli sbalzi di temperatura che rovinerebbero il gusto e la consistenza!
QUALE COLTELLO?
Un coltello dalla lama sottile abbastanza flessibile, così da riuscire a gestire al meglio il taglio, e alveolata, così che le fette si stacchino facilmente dalla lama
BALIK:LA STORIA
Balik è il nome del metodo tradizionale di preparazione del salmone affumicato secondo la maniera in uso alla corte dello Zar di Russia Nicola II, a cavallo tra XIX e XX secolo
Giulia Bassetto
Marketing e Comunicazione