Sostenere i piccoli produttori-allevatori di alpeggio e riconoscere il valore, anche economico, dei loro prodotti: vi presentiamo i risultati di una ricerca che ci ha colpito e che è tra i driver del progetto Estrema d’Alpeggio Fontina DOP
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Intervistiamo Carlo Francesia, dell’Institut Agricole Régional della Valle d’Aosta a proposito della sua ricerca sulla remunerazione del lavoro dell’imprenditore zootecnico, per capire quali sono i costi di una produzione di formaggi a latte crudo.
Quello del piccolo imprenditore zootecnico montano è un lavoro duro, fisicamente pesante e a tempo pieno, senza sabati né domeniche.
La produzione per la vendita del solo latte crudo prevede circa cento ore annue di lavoro per ogni vacca, cui si aggiungono circa 850 ore per la gestione dei prati. Si tratta di lavoro molto poco remunerato: con la sola produzione di latte crudo un allevatore guadagna poco più di 3 euro l’ora. Il discorso cambia quando, anziché conferire il latte in caseificio, si decide di intraprendere in “casa” la sua trasformazione in altri prodotti, dal formaggio allo yogurt.
Lo studio realizzato qualche anno fa dall’Institut Agricole Régional della Valle d’Aosta ha cercato di mettere nero su bianco questi dati e sfruttarli per la costruzione di diversi scenari, per capire come valorizzare il lavoro dell’imprenditore zootecnico valdostano. Lo studio fa il punto su costi di produzione e redditività delle aziende lattiero-casearie valdostane di fondovalle, che fanno capo ai caseifici cooperativi.
È una ricerca replicabile anche in altri contesti, a patto di modificare i parametri dipendenti dal territorio di riferimento, ci dice Carlo Francesia, uno degli autori. Quest’anno lo stesso metodo verrà usato per studiare le aziende valdostane di alpeggio.
Professore, perché avete deciso di avviare questo progetto?
Dal mondo zootecnico ci è giunta la richiesta di indagare la questione dei costi di produzione del latte, mettendoli in relazione al prezzo pagato dai caseifici del “sistema Fontina” nell’ottica di immaginare un’eventuale trasformazione delle aziende zootecniche. Così abbiamo ipotizzato diversi scenari di trasformazione, con l’obiettivo di fornire spunti di riflessione agli imprenditori così come ai decisori politici.
Quali sono gli scenari?
Il primo contempla il semplice conferimento del latte crudo in caseificio, il secondo la trasformazione del latte in una tipologia di prodotto lattiero-caseario (formaggi freschi o formaggi stagionati), il terzo la trasformazione in molte tipologie di prodotti, dai formaggi allo yogurt, fino al gelato.Quali i risultati emersi?
Con la differenziazione si genera valore aggiunto. Nei casi di differenziazione più spinta la remunerazione oraria raddoppia, passando dai 3,10 euro agli 8,65 euro, in certi casi arrivando fino a 11 euro l’ora. Ma c’è un problema.
Quale?
La trasformazione richiede alcuni investimenti: serve un laboratorio, una cantina per la maturazione, dei macchinari, un punto vendita. Ma il principale problema è legato ai picchi di lavoro. Un’azienda zootecnica montana è già oberata di lavoro: si stimano circa 4000-5000 ore annue divise per le due-tre persone parte del nucleo familiare. Aggiungere altre mansioni legate alla produzione e alla maturazione dei formaggi comporta un surplus di lavoro che può arrivare anche a 4000 ore in più. Servono almeno altri due lavoratori, che hanno un costo medio di 11 euro all’ora.Che soluzione potrebbe esserci allora?
Potrebbe entrare in gioco un sistema di tipo associativo. Mettendo in sinergia aziende che si specializzano in uno o due prodotti e li vendono con marchio comune nei negozi della valle si potrebbero evitare i problemi menzionati. Sarebbe una soluzione sostenibile, che consentirebbe all’azienda una vita migliore e potrebbe fornire uno stimolo ai giovani che vogliano intraprendere questo mestiere.
Oltre all’aspetto economico, quali sono le altre ricadute positive di queste attività sul territorio?
Un’azienda agricola zootecnica oltre a produrre cibo aiuta a conservare la biodiversità ambientale attraverso la presenza del bestiame nei pascoli e nelle superfici di alpeggio. Ciò garantisce anche una migliore regimazione delle acque e tenuta dei versanti. Altri aspetti rilevanti sono il mantenimento della popolazione sul territorio montano e la preservazione della relativa cultura.
Oltre alla Fontina, c’è qualche altro formaggio del territorio che consiglierebbe?
Mi piacciono molto le tome d’alpeggio, fatte con latte scremato. La più famosa è la Toma di Gressoney, un prodotto delicato, ottimo per applicazioni gastronomiche, che permette anche una buona produzione di panna d’affioramento.
Giulia Basso
giornalista collaboratrice de Il Piccolo Trieste