Ossocollo trevigiano o Coppa piacentina? La differenza non è soltanto una questione di nomi
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Abbiamo intervistato Alessandro Grossetti e Cesare De Stefani, per capire le differenze tra i loro due prodotti

GROSSETTI
Tra coppa, pancetta e salame Piacenza è l’unica provincia europea ad avere ben tre salumi certificati Dop.

Fra questi la Coppa piacentina è il taglio più pregiato, la “regina dei salumi”, parte di una tradizione che il salumificio Grossetti, con sede in Val Tidone, la più occidentale delle valli piacentine, porta avanti fin dal lontanissimo 1875.

“Questa è una terra prevalentemente agricola, dove l’allevamento del maiale era la quotidianità in ogni famiglia - racconta Alessandro, figlio di Antonio e parte della quinta generazione di norcini di casa Grossetti -. In quest’area i salumi furono prodotti fin dal tempo dei romani, perché qui passava la via del Sale, che collegava il mare alla pianura Padana. Grazie a questo conservante lo sviluppo dell’arte della norcineria avvenne naturalmente”.

I Grossetti iniziarono con una salumeria, in cui proponevano gli insaccati tipici della zona.

Quindi Antonio e suo padre negli anni ’70 inaugurarono un vero e proprio salumificio, nel 2000 entrò in società anche il nipote di Antonio e nel 2010 toccò al figlio Alessandro: “Siamo fieri di portare avanti una tradizione così longeva, che tentiamo di preservare al massimo, a partire dalla qualità della materia prima e dall’attenzione al processo di lavorazione”, spiega Alessandro.

Oggi l’azienda produce circa 450-500 pezzi di Coppa piacentina a settimana: il microclma della Val Tidone è da sempre il miglior alleato per una perfetta stagionatura.

DE STEFANI
Tutto è nato da una piccola macelleria di paese, a Valdobbiadene, terra di prevalente produzione vinicola, dove dominano le cantine.

Ad aprirla, nel 1958, è stato Giuseppe De Stefani, che dopo aver avviato l’attività ha coinvolto nel lavoro anche i propri figli: “Da piccolo ho iniziato seguendo le orme di mio padre - racconta Cesare, che con il fratello Giacomo oggi dirige l’azienda - poi negli anni ’80 ho cominciato a sognare in grande. La mia famiglia produceva pochi insaccati per il proprio negozio, ma io immaginavo una piccola impresa E’ stata una scommessa vincente, perché oggi la nostra azienda è diventata sinonimo di alta qualità in tutt’Italia, anche grazie all’incontro con Valsana: ricordo ancora quando portai loro i primi salami da assaggiare, ero molto giovane e siamo praticamente cresciuti insieme”.

La coppa, che in veneto è chiamata Ossocollo, insieme alla soppressa è uno dei prodotti più celebri della Pedemontana e, nel caso del salumificio De Stefani, è frutto di una ricetta antica: “Fu mio zio a svelarmi la sua ricetta per l’Ossocollo, quando non avevo ancora vent’anni. Ricordo come oggi la scena: ero seduto in cucina e lui mi regalò questo suo segreto, illustrandomi nel dettaglio gli ingredienti da utilizzare, la modalità d’uso delle spezie e il metodo di lavorazione delle carni”.

Oggi il salumificio De Stefani produce circa 5-600 pezzi di Ossocollo a settimana: il lavoro è ancora molto manuale e la ricetta è sempre quella di un tempo.

L'INTERVISTA DOPPIA
Coppa Piacentina Grossetti

1. Nome del prodotto?

Coppa Piacentina Dop.

2. Origine della materia prima?

Carni 100% italiane, che provengono da allevamenti di Emilia Romagna e Lombardia.

3. Quali tagli anatomici utilizzate?

I muscoli laterali del collo del maiale, tagliati alla quarta vertebra.

4. Come avviene la salatura?

Saliamo a secco e per due volte, con un massaggio delle carni perché il sale penetri all’interno e facendo passare una settimana tra una salatura e l’altra.

5. Quali spezie utilizzate per la concia?

Sale, pepe, cannella, chiodi di garofano, un po’ di noce moscata e alloro.

6. Che tipo di budello?

Pelle di sugna di suino.

7. Qual è la stagionatura ideale?

Per la coppa piacentina Dop il disciplinare prevede almeno sei mesi di stagionatura. 

8. Perchè è diversa dalle altre?

E’ una delle coppe più dolci che si trovano sul territorio italiano: grazie al nostro microclima e alla lenta stagionatura non abbiamo bisogno di aggredire le carni con molto sale.

9. Consiglio per la conservazione?

Intera sta bene appesa in cantina, in ambiente fresco ma umido. Se sottovuoto meglio tenerla in frigo, se aperta conviene avvolgerla in una pellicola o un canovaccio umido, in modo da non far seccare il prodotto.

10. Come va mangiata?

In un panino o come antipasto in un tagliere di affettati.

11. Quale vino in abbianamento?

E’ tradizione accompagnarla con un rosso frizzante come il Gutturnio piacentino, che dà freschezza e sgrassa la bocca.

Ossocollo De Stefani

1. Nome del prodotto?

Ossocollo, che ne connota il luogo di produzione.

2. Origine della materia prima?

Carni fresche di macellazione di suini allevati tra Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.

3. Quali tagli anatomici utilizzate?

Le due parti laterali del collo del maiale tagliato alla terza o quarta vertebra.

4. Come avviene la salatura?

Dura circa 10-12 giorni. Ogni due giorni le carni vengono massaggiate a mano, così che il muscolo si rilasci e riceva al meglio sale, aromi e spezie.

5. Quali spezie utilizzate per la concia?

Sale di Cervia, pepe Tellicherry extra bold, cannella, chiodi di garofano, rosmarino, alloro e anche un po’ di Marsala.

6. Che tipo di budello?

La bombeana, che è l’intestino cieco del bovino.

7. Qual è la stagionatura ideale?

Dura almeno cinque mesi, in un ambiente con un’umidità che oscilli dal 70 al 90%.

8. Perchè è diversa dalle altre?

Per le spezie e il vino impiegato per la concia e per il budello usato per l’insacco, che conferisce aromatizzazioni e tipizzazioni differenti al salume.

9. Consiglio per la conservazione?

Anche da aperta consiglio di conservarla a temperatura ambiente. L’importante è che ci sia la giusta umidità.

10. Come va mangiata?

E’ speciale in un panino del tipo tartaruga o in un tagliere d’affettati. Ma se ne possono anche avvolgere alcune fette attorno a una bistecca di carne bianca e cucinarla: diventa più sapida e croccante.

11. Quale vino in abbianamento?

Sceglierei un prosecco col fondo, a fermentazione naturale: ha una sua mineralità e bollicine sottili e poco invasive. Ma ci sta bene anche un merlot.

Giulia Basso
Direttore di Selezione di Sapori