Come riconoscere un prodotto affumicato in modo tradizionale da uno aromatizzato con fumo liquido?
LA STORIA
Probabilmente si tratta della più antica tecnica di conservazione utilizzata dall’uomo, risale a circa 90.000 anni fa ed è legata alla scoperta del fuoco.
E’ verosimile che casualmente l’uomo che appendeva nelle caverne la carne per sottrarla agli insetti, avesse notato che quella appesa sopra il fuoco si conservava meglio e più a lungo, oltre ad avere un sapore migliore.
Anche successivamente, nelle tradizioni rurali, era consueto appendere nel camino pezzi di carne e salsicce, perchè in questo modo era possibile conservarle più a lungo senza doverle consumare subito.
Inizialmente quindi, lo scopo era quello di aumentare la conservabilità degli alimenti e questo avveniva attraverso l’essiccamento della superficie degli stessi e per il depositarsi di composti con azione antimicrobica, oltre al fatto che la vicinanza al fuoco innalzava la temperatura abbastanza da ridurre anche la carica batterica superficiale.
Nell’età della pietra, le comunità che popolavano le coste erano circondate da una fonte infinita di pesci, ma in alcuni periodi dell’anno la pesca poteva essere piuttosto scarsa, avevano quindi bisogno di trovare un modo per ottenere scorte di cibo e l’affumicatura dava loro la possibilità di avere una fonte proteica anche in questi mesi.
Dall’utilizzo di questa tecnica per conservare i cibi in ambito “casalingo” e poterli consumare anche “fuori stagione” o lontano da casa, si è passati intorno al XVI secolo a utilizzarla per rendere commercializzabili prodotti piuttosto deperibili, spesso abbinandola alla salagione, per giungere ai giorni nostri in cui, non avendo più le stesse necessità di conservazione degli alimenti, il processo di affumicatura viene per lo più utilizzato per conferire all’alimento caratteristiche sensoriali particolari.
LA CHIMICA
Il fumo è il prodotto della combustione lenta e incompleta del legno, in assenza di fiamma e in atmosfera povera di ossigeno.
Contiene oltre 200 composti chimici e purtroppo fra questi ci sono anche gli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici), in particolare il benzoapirene e il benzoantracene, che devono essere tenuti sotto controllo perchè ritenuti cancerogeni.
Per questo, rispetto a un tempo, il processo di affumicatura deve essere costantemente monitorato controllando:
1. la quantità di ossigeno della camera di affumicamento: più l’ambiente è areato e meno IPA si formano
2. densità e umidità del fumo
3. durata dell’esposizione
4. la temperatura dell’affumicatoio: più è elevata più è favorita la formazione di composti cancerogeni
Da quasi 20 anni l’Europa ha fissato i limiti massimi di IPA che possono essere rilevati negli alimenti affumicati per poter garantire al consumatore un prodotto sicuro e nel 2014 i limiti sono stati più che dimezzati
Un tempo gli affumicatoi erano costituiti da un’unica camera dove veniva bruciata la segatura o la legna e nella quale erano anche appesi i prodotti, oggi invece i generatori di fumo sono distinti dalla camera di affumicatura, questo garantisce migliore igiene e salubrità.
Spesso l’affumicatura è preceduta dalla salatura, che aumenta la disidratazione, contrasta la crescita dei microrganismi e conferisce maggior sapore.
I PRODOTTI
Uno dei prodotti che, per tradizione, viene più frequentemente affumicato è il salmone.
Nel nostro territorio nazionale la più nota è probabilmente l’aringa, un piatto antico che permetteva di superare gli inverni, integrando diete povere di proteine e per i credenti di rispettare la morale ecclesiale che imponeva l’astinenza dalle carni il venerdì e durante la Quaresima.
Parlando di prodotti ittici affumicati non dimentichiamo anche tonno, pesce spada, sgombro, marlin e cefalo, forse meno presenti nella tradizione locale ma che sono sempre più diffusi.
Oltre al pesce anche le carni (speck, pancette, wurstel) e i formaggi (ricotta, provola, scamorza) sono alimenti che tradizionalmente nel nostro Paese vengono affumicati.
LE TECNICHE
Le tecniche utilizzate per conferire un aroma di affumicato sono quella “tradizionale” utilizzando fumo naturale di legna e piante o spezie oppure con “fumo liquido”
La tecnica tradizionale prevede l’utilizzo di affumicatoi, sottoponendo il prodotto a periodi più o meno lunghi di esposizione a fumo di legna prodotto in appositi bruciatori a partire da miscele di trucioli di legna (es. quercia, castagno, noce, acacia, faggio, ecc) a volte integrando con piante aromatiche (timo, alloro, maggiorana, rosmarino, ecc.) e si distingue in tre tipologie a seconda della temperatura della camera e di conseguenza del prodotto: a freddo, semicaldo, a caldo.
Questa tecnica deve essere effettuata tenendo i parametri sempre sotto controllo per evitare l’accumularsi delle sostanze cancerogene e soprattutto richiede molto tempo, un aspetto che oggigiorno l’industria tiene molto in considerazione per contenere i costi.
Inoltre è considerata essenzialmente una tecnica di aromatizzazione degli alimenti ed è abbinata a uno o più sistemi di conservazione (confezionamento sottovuoto o utilizzo di conservanti).
Questi aspetti hanno portato l’industria alimentare a utilizzare un aroma per conferire un sapore di affumicato chiamato “fumo liquido” abbinato spesso all’utilizzo di conservanti per prolungare la conservazione del prodotto stesso e riducendo sensibilmente il calo del peso che si ha a opera dell’inevitabile essiccamento del prodotto affumicato in modo tradizionale.
Il fumo liquido fu commercializzato per la prima volta nel 1895 da E.H. Wright, con il nome di “fumo condensato”.
Oggi ne viene fatto largo utilizzo in America, per la produzione di circa l’80% degli alimenti affumicati, mentre in Europa l’impiego è ancora piuttosto limitato.
Per la produzione di questa sostanza aromatizzante vengono utilizzati legni selezionati che vengono mandati in combustione e il fumo prodotto a una temperatura di 300-400°C viene condensato con acqua fredda, depurato e filtrato.
Il prodotto finale è un liquido denso e scuro, ricco di sostanze aromatiche e povero di tutte le sostanze indesiderate che il fumo “classico” potrebbe apportare.
Una volta ottenuto, il fumo liquido si può utilizzare iniettandolo nel prodotto oppure per immersione o nebulizzazione.
L'ETICHETTA
Come si può distinguere un prodotto affumicato in modo tradizionale da uno “aromatizzato” con il fumo liquido?
Anche in questo caso l’etichetta può darci un’indicazione del metodo utilizzato per “aromatizzare” il prodotto.
Con il Regolamento sull’etichettatura (REG. UE 1169/2011) e in particolare con l’allegato VI è stato introdotto l’obbligo di aggiungere alla denominazione dell’alimento anche un’indicazione dello stato fisico nel quale si trova il prodotto o dello specifico trattamento che ha subito, quindi se un alimento viene sottoposto ad affumicatura con fumo naturale troveremo in etichetta la dicitura “Affumicato”.
L’articolo 18 dello stesso regolamento impone che in etichetta siano riportati tutti gli ingredienti che compongono l’alimento in ordine decrescente di peso inoltre l’allegato VII prevede che gli aromi siano designati con il termine “aroma(i)” e nel caso specifico del fumo liquido con il termine “aroma(i) di affumicatura” o “aroma(i) di affumicatura ricavato(i) da un prodotto/da prodotti, da una categoria o una base/da basi alimentari”.
Giorgia Barbaresco
Responsabile Qualità