L’azienda agricola Savigni, nel cuore dell’Appennino tosco-emiliano, è l’esempio di una scommessa che si è tramutata in un’esperienza di successo nel giro di qualche decennio. La ricetta vincente? L’impegno e la caparbietà di una famiglia che ha saputo anticipare i tempi, puntando sull’alta qualità e sul biologico fin dall’inizio della propria avventura. Partiti da una macelleria, i Savigni, papà Fausto, mamma Paola e i figli Nicolò e Mileto, hanno deciso di creare sullo stesso territorio la propria azienda agricola, affiancandole nel tempo anche un salumificio, dando così vita a una filiera chiusa e cortissima: la migliore garanzia di qualità possibile.
Con Nicolò Savigni abbiamo ripercorso le principali tappe di questo percorso faticoso ma anche estremamente stimolante, che ha consentito ai Savigni di diventare un vero e proprio simbolo dell’eccellenza italiana nel mondo.
1) Siete partiti da una macelleria nel piccolo borgo di Pavana, nell’Appennino tosco-emiliano, per arrivare all’azienda agricola a filiera chiusa con salumificio. Quando e come è avvenuto il passaggio?
I nostri genitori sono partiti nel 1985 da un negozio, una macelleria sulla strada Porrettana, a Pavana, tra i monti dell’Appennino tosco-emiliano, al confine tra le due regioni. Erano gli anni ’80 e a quell’epoca erano in tanti ad abbandonare l’agricoltura per andare a lavorare in fabbrica. Quando si sono resi conto che era sempre più difficile ottenere animali di qualità per le nostre carni i miei genitori hanno deciso di realizzare in loco una propria azienda agricola, per avere una filiera controllata internamente dall’inizio alla fine. L’idea è divenuta realtà con l’aiuto di mio fratello nel 1999: siamo partiti con l’allevamento di bovini e di suini di razza Cinta senese, il nostro cavallo di battaglia. Nel 2004 abbiamo deciso per un ulteriore passo in avanti e abbiamo costruito un salumificio, uno stabilimento a bollo CE per occuparci in casa di tutti gli aspetti della lavorazione delle carni. Io mi sono preoccupato di ottenere tutte le autorizzazioni e certificazioni necessarie. E nel 2008 siamo diventati una delle più piccole aziende italiane autorizzate all’export in Giappone, un passaggio complesso che richiedeva ulteriori garanzie rispetto al bollo CE.
2) Perché gli inizi sono stati una scommessa?
Per una questione di tempo e di luogo: ci avevano sconsigliato in tanti di avviare un allevamento e un’azienda agricola biologica a Pavana, in piena montagna e in un posto isolato, al di fuori dei tradizionali percorsi turistici. Invece è stata una scelta intelligente e azzeccata: abbiamo precorso i tempi, perché poi tutta l’agricoltura italiana si è spostata sul biologico, garanzia di qualità e di redditività più elevata.
3) Dove allevate i vostri maiali e in che modo?
Abbiamo iniziato ad allevare animali solo a Sambuca Pistoiese, nell’azienda agricola da dove siamo partiti, che può contare su 16 ettari di terreno biologico. Oggi non sono più sufficienti per il fabbisogno aziendale, perché ci siamo ingranditi, quindi utilizziamo la nostra azienda agricola per la riproduzione: facciamo accoppiare gli animali, poi quando nascono li trasferiamo in altre tre aziende del territorio. Questo perché a differenza degli allevamenti intensivi noi alleviamo gli animali allo stato semi brado e siamo chiamati a rispettare il cosiddetto “coefficiente capo ettaro”, che garantisce un allevamento rispettoso della qualità di vita degli animali.
4) Quanti animali allevate oggi e come avviene la loro crescita?
Circa un migliaio di suini, tra Cinta Senese e Sambucano (incrocio di cinta e suino rosa realizzato dai Savigni) e 250 bovini. Quando i suini hanno circa 60 giorni li dirottiamo in una delle tre aziende che lavorano per noi in esclusiva: una si trova presso il Dynamo Camp, tenuta di oltre mille ettari nell’appennino tosco-emiliano inserita in un’oasi affiliata WWF; la seconda è la Cooperativa Agricola Perterra, di Pescia, in Toscana; la terza è invece in Emilia, l’azienda agricola La Rocchetta di Castel d’Aiano. Quando i maiali raggiungono i 160-180 chili vengono portati al macello, l’unico aspetto di cui non ci occupiamo personalmente, quindi arrivano nel nostro stabilimento per essere trasformati in carni e salumi.
5) Quanto conta mantenere un ritmo simile a quello naturale nell’allevamento della Cinta?
A differenza degli allevamenti industriali, in cui i suini hanno un ciclo di vita di 4-6 mesi, il disciplinare della Cinta ne impone almeno 12. Per i nostri animali il ciclo è di circa 14 mesi. Il ritmo lo si apprezza dalla formazione del grasso, che è fondamentale per determinare la qualità e il gusto delle carni. Grazie a un ritmo lento otteniamo salumi di Cinta con grasso sano, composto da acidi grassi insaturi al 63%: questa qualità è particolarmente apprezzata dai nostri clienti, specie dai giapponesi, e ci differenzia dalla maggior parte degli allevamenti toscani di Cinta, che spesso si trovano in pianura.
6) Cosa mangiano i vostri suini?
L’alimentazione è uno degli elementi fondamentali per la qualità delle carni: i nostri suini mangiano sano, perché sono allevati allo stato semi brado in terreni certificati bio: l’unica integrazione che facciamo d’inverno, trovandoci in ambiente montano, è con mangime biologico.
7) Come avviene la lavorazione delle carni?
Gli animali vengono portati al macello il lunedì e il martedì mattina arrivano nel nostro laboratorio, dove le carni vengono selezionate e lavorate per la realizzazione dei prodotti freschi, degli stagionati, dei cotti. Per i nostri salumi non utilizziamo aromi, ma spezie. E per la salatura usiamo il sale di Cervia, la salina naturale più vicina a noi. Tutti i passaggi sono realizzati in modo artigianale, ma avvalendoci delle più moderne tecnologie: così accoppiamo innovazione e artigianalità. A Pavana siamo in una posizione di confine, perciò abbiamo combinato tradizioni diverse. Ci siamo distinti come prodotto toscano non salato e per noi è importante, perché non vogliamo usare molto sale e pepe: puntiamo a far conoscere e apprezzare la qualità delle nostre carni.
8) Quanti dipendenti avete oggi e com’è avvenuta la vostra straordinaria espansione?
Oggi nell’azienda agricola ci lavora tutta la mia famiglia e altri 16 dipendenti. Farci conoscere non è stato facile, perché Sambuca è una località isolata e poco turistica. Ci siamo riusciti partecipando a molti eventi e fiere di settore in Italia e all’estero. Il resto l’ha fatto il passaparola. Oltre alla vendita diretta oggi abbiamo una linea di botteghe a nostro marchio, che non gestiamo direttamente: presto ne apriremo anche a Milano e Torino.
9) Guccini ha detto che la cittadinanza onoraria di Pavana avrebbero dovuto darla ai Savigni, perché siete conosciuti in tutt’Europa. Dove esportate?
Guccini è un nostro amico e cliente da sempre: ci vuole bene e perciò esagera, perché lui in realtà è molto più famoso di noi. Con i nostri prodotti siamo presenti nel Nord Europa, dalla Francia alla Germania fino al Belgio, e da molti anni in Giappone.
Giulia Basso
Giornalista e Direttore di Selezione di Sapori